FAQ PPP
Domande e risposte su PPPLE ISTITUZIONI DEL PPP: IL DIPE E IL NARS
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Il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) è una struttura generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, istituita con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 giugno 2007.
Il DIPE è la struttura di supporto al Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di coordinamento della politica economica e di programmazione degli investimenti pubblici di interesse nazionale, nonché di coordinamento delle politiche finalizzate allo sviluppo economico dei territori e delle aree urbane.
Il DIPE svolge funzioni di supporto al Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), curando l’istruttoria delle proposte di deliberazione presentate dalle Amministrazioni competenti, da sottoporre all’approvazione del CIPESS, e le attività amministrative consequenziali alle deliberazioni del medesimo Comitato. Tali funzioni attengono alle materie principali:
- infrastrutture e trasporti;
- riparto delle risorse nazionali e comunitarie per lo sviluppo e la coesione territoriale;
- attività produttive ed energia;
- ricerca e innovazione tecnologica;
- sanità;
- politiche sociali e abitative;
- sviluppo sostenibile dell’ambiente e del territorio, interventi per le bonifiche dei siti e la riqualificazione idrogeologica.
Il DIPE svolge, altresì, attività di coordinamento e gestione delle banche dati sugli investimenti pubblici ed è istituzionalmente competente in materia di Partenariato Pubblico Privato (PPP), in base alle funzioni ad esso trasferite dall’art. 1, comma 589, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) [1], e a quelle assegnate dal decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (di seguito anche “Codice dei contratti pubblici” o “Codice”) e da disposizioni normative speciali, come l’art. 18 bis del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79. Il DIPE è inoltre competente in materia di PPP per effetto del coordinamento, ad esso deputato, del Nucleo di consulenza per l’Attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS) che, in base a quanto previsto dal D.Lgs. 36/2023, ha specifiche competenze in materia di partenariato pubblico privato (cfr. domande nn. 2 e 3).
[1] Tali funzioni erano precedentemente in capo all’Unità tecnica Finanza di Progetto (UtFP).
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Il NARS è un organismo tecnico di consulenza e supporto alle attività del CIPESS e degli enti concedenti, coordinato dal Capo del DIPE e composto da rappresentanti delle seguenti amministrazioni:
- Ministero dell’economia e delle finanze;
- Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
- Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;
- Ministero delle imprese e del made in Italy;
- Ministro delegato per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione;
- Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie;
- Ministro delegato per la pubblica amministrazione;
- Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Con il DPCM 26 settembre 2023, recante “Regolamento interno del Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida in materia di servizi di pubblica utilità e disposizioni concernenti la struttura tecnica di esperti a supporto del NARS e del DIPE”, sono state razionalizzate ed aggiornate le disposizioni in tema di composizione e funzionamento del NARS, al fine di semplificare e renderne più efficace il supporto a favore del CIPESS e di assicurare allo stesso NARS un adeguato supporto tecnico, giuridico ed economico.
Al riguardo, il medesimo DPCM ha riorganizzato l’attività della struttura tecnica a supporto del NARS e del DIPE in ragione delle nuove competenze ai medesimi attribuiti in materia di PPP, secondo principi di buon andamento, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
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Il DIPE, in materia di PPP, svolge quattro ordini di funzioni:
- l’attività di assistenza a favore degli enti concedenti che ne facciano facoltativamente richiesta, la promozione e la diffusione di modelli di PPP tra le Amministrazioni Pubbliche, l’attivazione di rapporti con Istituzioni nazionali e internazionali operanti nell’ambito del PPP, sulla base delle competenze trasferite al DIPE dall’art. 1, comma 589, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016);
- l’espressione di parere preventivo, obbligatorio e non vincolante, sulle operazioni di PPP al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 18 bis del D.L. n. 36/2022, convertito nella L. n. 79/2022. Il parere viene, in queste ipotesi, reso dal DIPE di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato;
- il monitoraggio delle operazioni di PPP, esercitato di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell’art. 175, comma 7, del Codice, nonché ai sensi dell’articolo 44, comma 1-bis, del Decreto‐Legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 2008, n. 31;
- le attività di standardizzazione contrattuale di operazioni in PPP, esercitate di concerto con l’ANAC e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (art. 175, comma 9-bis, del Codice) e - ove prevista - con l’Autorità di regolazione di riferimento, per come indicato dal Codice innovato dal decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209 (di seguito anche “Correttivo al Codice” o “Correttivo”).
Il NARS, in materia di PPP, svolge tre ordini di funzioni [1]:
- l’espressione di parere, obbligatorio e non vincolante, agli enti concedenti nei casi di progetti di PPP di interesse statale oppure di progetti finanziati con contributo a carico dello Stato, per un ammontare dei lavori o dei servizi di importo pari o superiore a 50 milioni di euro, previa acquisizione delle valutazioni del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell’art. 175, comma 3, del Codice, come modificato dal Correttivo;
- l’espressione di parere non vincolante agli enti concedenti per la revisione dei contratti di concessione, da richiedere obbligatoriamente nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato, per le quali non sia già prevista l'espressione del parere del CIPESS, e facoltativamente negli altri casi, ai sensi dell’art. 192, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36. Il NARS, in base al D.Lgs. 50/2016, esprime altresì parere obbligatorio sulla revisione dei piani economico finanziari dei contratti di concessione e dei contratti di partenariato pubblico privato causata dal verificarsi di fatti non riconducibili all’operatore economico per le opere di interesse statale o comunque finanziate con contributo a carico dello Stato; in tutti gli altri casi le amministrazioni aggiudicatrici hanno la facoltà di sottoporre alla valutazione del Nucleo la revisione dei PEF (art. 165, comma 6, e art. 182, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50);
- l’espressione di parere al CIPESS per la verifica delle revisioni dei piani economico finanziari delle concessioni di lavori disciplinate dal D.Lgs. 163/2006 (art. 143, commi 8 e 8-bis, del D.Lgs. n. 163/2006).
[1] Il NARS, inoltre, esprime il proprio parere al CIPESS: i) nei procedimenti di approvazione degli aggiornamenti o delle revisioni delle convenzioni autostradali in essere che comportino variazioni o modificazioni al piano degli investimenti o ad aspetti di carattere regolatorio a tutela della finanza pubblica (art. 43, comma 1, decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214); ii) nei procedimenti di affidamento di nuove concessioni autostradali (art. 5, comma 4, e art. 9, comma 2, legge 16 dicembre 2024, n. 123); iii) nell’ambito dell’approvazione dei contratti di programma e degli atti convenzionali tra Stato e gestori di servizi di interesse economico generale (art. 36, comma 6-ter, decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27); iv) sulla determinazione delle misure di defiscalizzazione volte a favorire e incentivare la realizzazione di nuove infrastrutture (art. 18, legge 12 novembre 2011, n. 183); v) sul riconoscimento delle misure di credito d’imposta volte a incentivare la realizzazione di nuove infrastrutture (art. 33, commi 2 e 3, decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221).
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L’assistenza svolta dal DIPE, ai sensi dell’art. 1, comma 589, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, consiste in un supporto – di carattere tecnico, giuridico ed economico- finanziario – attivabile facoltativamente da parte degli enti concedenti interessati alla programmazione, progettazione, realizzazione o gestione di operazioni di PPP con le caratteristiche di cui all’art. 174 del Codice.
L’attività di assistenza si concretizza principalmente nella redazione di pareri, anche per il tramite di risposte a quesiti puntuali, volti in particolar modo alla verifica e valutazione:
- del Piano Economico Finanziario (PEF) e del corretto calcolo dei relativi indici di redditività e bancabilità per l’equilibrio o l’elaborazione diretta di analisi di prefattibilità sui dati forniti;
- dei contenuti delle principali clausole del contratto di PPP, ai fini della corretta allocazione dei rischi tra le parti;
- della corretta impostazione dei principali elementi del progetto di fattibilità.
Il supporto del DIPE, nel rispetto delle funzioni istituzionali al medesimo assegnate dalla norma sopra richiamata, non ha, peraltro, natura di servizio di consulenza agli Enti Concedenti, né – essendo svolto a favore della generalità delle Amministrazioni pubbliche nazionali, centrali e territoriali – può assumere natura continuativa e/o finalizzata al supporto costante dell’attività di uno specifico ente concedente. Il DIPE non partecipa, inoltre, agli iter di approvazione tecnico-amministrativa dei progetti, che restano devoluti all’esclusiva competenza e responsabilità degli Enti competenti.
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Parere obbligatorio DIPE-RGS
La richiesta di parere al DIPE è obbligatoria al ricorrere delle condizioni previste dall’art. 18-bis, comma 3, del D.L. n. 36/2022, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 79/2022 (cd. “DL PNRR 2”).
La norma è riferita alle operazioni di PPP (ai sensi degli artt. 180 e ss. del D.Lgs.
n. 50/2016 o dell’art. 174 del Codice) - finanziate in tutto o in parte con fondi PNRR - di importo superiore a 10 milioni di euro.Sono escluse dal perimetro applicativo della citata norma le concessioni autostradali e le operazioni che prevedono l’espressione del CIPESS.
L’acquisizione del parere, reso dal DIPE di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (RGS), è finalizzata alla preliminare valutazione della corretta impostazione dell’operazione, con specifico riguardo ai profili dell’allocazione dei rischi e della contabilizzazione.
Pareri obbligatori NARS
I casi in cui è obbligatoria la richiesta di parere al NARS sono disciplinati dalle seguenti norme:
- l’art. 175, comma 3, del Codice, come modificato dal Correttivo.
La norma è riferita alle operazioni di PPP ai sensi dell’art. 174 del D.Lgs. n. 36/2023 - aventi ad oggetto progetti di interesse statale o finanziati con contributo a carico dello Stato - nelle quali l’ammontare dei lavori o dei servizi sia pari o superiore a 50 milioni di euro.
Sono escluse dal perimetro applicativo della norma le operazioni che prevedono l’espressione del CIPESS.
La richiesta del parere, reso dal NARS previa acquisizione delle valutazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (RGS), è finalizzata alla preliminare valutazione di convenienza e fattibilità del ricorso allo strumento del PPP alla quale sono obbligati gli Enti Concedenti ai sensi del comma 2 dell’art. 175 del Codice.
Il suddetto parere deve essere chiesto prima della pubblicazione del bando di gara in caso di progetto a iniziativa pubblica ovvero prima della dichiarazione di fattibilità in caso di progetto a iniziativa privata. Per le nozioni di “iniziativa pubblica” e di “iniziativa privata” si vedano le domande nn. 10 e 42. - l’art. 192, comma 3, del Codice, come modificato dal Correttivo.
L’art. 192 disciplina la procedura di revisione dei contratti di concessione e di partenariato pubblico-privato, causata dal verificarsi di fatti sopravvenuti straordinari e imprevedibili, non imputabili all’operatore economico, che incidano in misura significativa sull’equilibrio economico- finanziario dell’operazione, demandando al NARS l’espressione di un parere non vincolante.
Nello specifico, il Codice prevede l’obbligo di sottoporre al parere del NARS le revisioni dei contratti relativi ad opere di interesse statale o comunque finanziate con contributo a carico dello Stato, per le quali non sia già prevista l'espressione del parere del CIPESS, mentre, negli altri casi, rimette alla facoltà dell’ente concedente l’eventuale sottoposizione della revisione dei contratti al parere del Nucleo. - l’art. 165, comma 6, e l’art. 182, comma 3, del d. lgs. n. 50/2016.
Le norme disciplinano la revisione dei contratti, rispettivamente, di concessione e di partenariato pubblico privato – ai quali sia applicabile ratione temporis il D.Lgs.n. 50/2016 – al verificarsi di fatti non riconducibili all’operatore economico che incidono sull’equilibrio del piano economico-finanziario. Nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato, la revisione è obbligatoriamente subordinata alla previa valutazione da parte del NARS, mentre, negli altri casi, l’acquisizione del parere del Nucleo è facoltativa.
I pareri obbligatori non assumono carattere vincolante per gli enti richiedenti rispetto al prosieguo della procedura. Tuttavia, sia nel caso di parere ex art. 18-bis del D.L. n. 36/2022 (convertito dalla L. n. 79/2022), sia nel caso di parere ex art. 175, comma 3, del Codice, sia nel caso di parere ex art. 192, comma 3, del Codice, qualora l’ente concedente intenda discostarsi dal parere reso, è tenuto a darne adeguata motivazione, dando conto delle ragioni della decisione e indicando in particolare - nel caso del parere ex artt. 175, comma 3, e 192, comma 3, del Codice - la modalità di contabilizzazione adottata. - Parere obbligatorio del CIPESS, sentito il NARS
Nei casi di concessioni di lavori pubblici alle quali sia applicabile ratione temporis il D.Lgs. n. 163/2006, il disposto dell’art. 143, comma 8, prevede che le variazioni apportate dalla stazione appaltante ai presupposti o condizioni di base che determinano l'equilibrio economico-finanziario, nonché le norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari o che comunque incidano sull’equilibrio del piano economico finanziario (PEF), comportano la necessaria revisione del PEF, da attuare mediante rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio - anche tramite la proroga del termine di scadenza delle concessioni - previa verifica del CIPESS, sentito il NARS. In proposito, nella seduta del CIPESS del 29 febbraio 2024 è stata resa informativa concernente le procedure di riequilibrio economico-finanziario delle concessioni di lavori pubblici ai sensi dell’art. 143, commi 8 e 8-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, con la quale il NARS ha evidenziato la propria posizione al riguardo, precisando che, stante il tenore letterale del predetto art. 143, tutte le procedure anzidette (ivi incluse, dunque, quelle che non riguardino opere di interesse statale ovvero opere finanziate con contributo a carico dello Stato) sono da sottoporre al CIPESS, sentito il NARS, per le verifiche di competenza.
- l’art. 175, comma 3, del Codice, come modificato dal Correttivo.
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Gli Enti Concedenti hanno la facoltà di chiedere un parere al DIPE ai sensi dell’art. 1, comma 589, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, per ottenere supporto in materia di PPP. Il supporto, che prima dell’entrata in vigore di tale legge era prestato dalla ora soppressa Unità Tecnica Finanza di Progetto (UTFP), si esplica con riferimento alla valutazione delle proposte di PPP presentate dagli operatori economici, nonché all’implementazione di operazioni di PPP a iniziativa pubblica e, in entrambi i casi, riguarda i principali aspetti del progetto di fattibilità e della bozza di convenzione con relativi allegati, ivi incluso il piano economico-finanziario (cfr. domanda n. 4).
Gli Enti Concedenti hanno, altresì, facoltà di chiedere un parere al NARS, in relazione alla revisione dei contratti di PPP che non riguardino opere di interesse statale né finanziate con contributo a carico dello Stato per le quali non sia prevista l’espressione del CIPESS (cfr. domanda n. 5), ai sensi della normativa ratione temporis applicabile (art. 192 del Codice o artt. 165 e 182 del D.Lgs. n. 50/2016).
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In assenza di una esplicitazione della definizione di progetto di interesse statale, è possibile rifarsi all’Allegato I.1 del D.Lgs. n. 36/2023, il quale contiene la definizione di “opere pubbliche di interesse statale”.
Si tratta delle opere eseguite dalle amministrazioni statali o, in ogni caso, di quelle insistenti su aree statali. Le opere da realizzarsi da parte di amministrazioni non statali o che non insistono su aree statali sono di interesse statale se destinate a servire interessi pubblici non limitati al territorio di una singola regione.
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Con riguardo al parere facoltativo reso dal DIPE ai sensi dell’art. 1, comma 589, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cfr. domanda n. 4), la richiesta di assistenza deve essere formulata a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo dipe.cipe@pec.governo.it e deve essere sottoscritta dall’organo competente dell’ente concedente, con l’indicazione del referente e dei relativi contatti.
La richiesta deve recare, in allegato, tutta la documentazione ritenuta utile ai fini del supporto richiesto e per la formulazione del relativo parere. Tale documentazione di norma consiste in:
- piano economico finanziario (PEF) di copertura degli investimenti e della connessa gestione (incluso PEF in formato Excel editabile e con “formule aperte”), con relativa Relazione illustrativa;
- bozza di contratto, con relativi allegati (quali, in particolare, capitolati prestazionali e documenti relativi alla specificazione delle caratteristiche della progettazione, costruzione, collaudo e gestione, definizioni contrattuali);
- progetto di fattibilità;
- relazione illustrativa del progetto;
- matrice dei rischi;
- documenti eventualmente richiamati nella richiesta e nei relativi atti trasmessi.
Quanto al parere facoltativo reso dal NARS in relazione alla revisione dei contratti di PPP relativi a opere non di interesse statale né finanziate con contributo a carico dello Stato, ai sensi dell’art. 192 del Codice o degli artt. 165 e 182 del D.Lgs. n. 50/2016 (cfr. domande n. 5 e n. 6), la richiesta di assistenza segue le stesse forme previste per la richiesta di parere obbligatorio ai sensi delle norme sopra citate (cfr. domanda n. 9).
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Tutte le richieste di parere obbligatorio devono essere sottoscritte da un organo competente dell’ente concedente richiedente, con l’indicazione di almeno un referente e dei relativi contatti e della norma ai sensi della quale è formulata la relativa richiesta.
Parere obbligatorio NARS ex art. 175 del D.Lgs. n. 36/2023
La richiesta di parere obbligatorio ai sensi dell’art. 175, comma 3, del Codice deve essere indirizzata come segue:
- Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) - Presidenza del Consiglio dei Ministri,
all’indirizzo PEC: dipe.cipe@pec.governo.it - Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, all’indirizzo
PEC: rgs.ragionieregenerale.coordinamento@pec.mef.gov.it
La richiesta deve dar conto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità della norma invocata, dando evidenza, anche per il tramite di idonea documentazione:
- della riconducibilità dell’operazione di PPP al libro IV del Codice (artt. 174 e seg.);
- dell’ammontare dei lavori o dei servizi, che deve essere di importo superiore a 50 milioni di euro;
- che il progetto sia di interesse statale oppure sia finanziato con contribuzione a carico dello Stato;
- che, in relazione al medesimo progetto, non sia già previsto che si esprima il CIPESS.
Inoltre, la richiesta deve essere corredata dai seguenti documenti:
- progetto di fattibilità tecnico economica (PFTE);
- bozza di convenzione;
- piano economico-finanziario (PEF), anche in formato Excel editabile con visibilità delle formule. In caso di procedura di affidamento in finanza di progetto, ex art. 193 del Codice, il PEF deve essere asseverato come previsto dalla legislazione vigente;
relazione illustrativa al PEF; - matrice dei rischi;
- specificazione delle caratteristiche del servizio e della relativa gestione;
- ogni ulteriore documentazione ritenuta utile alla formulazione del parere.
Parere obbligatorio DIPE-RGS ex art. 18-bis del D.L. n. 36/2022
La richiesta di parere obbligatorio ai sensi dell’art. 18-bis del D.L. n. 36/2022, convertito nella L. n. 79/2022, deve essere indirizzata come segue:
- Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE), all’indirizzo PEC: dipe.cipe@pec.governo.it
- Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, all’indirizzo
PEC: rgs.ragionieregenerale.coordinamento@pec.mef.gov.it
La richiesta deve dar conto della sussistenza di tutti i presupposti per l’applicabilità della norma, dando evidenza, anche per il tramite di idonea documentazione:
- della riconducibilità dell’operazione agli artt. 180 e seguenti del D.Lgs. n. 50/2016 o agli artt. 174 e seguenti del Codice;
- dell’importo dell’operazione, calcolato ai sensi della rispettiva normativa di riferimento (D.Lgs. n. 50/2016 o Codice), superiore a 10 milioni di euro;
- del finanziamento del progetto, in tutto o in parte, tramite fondi PNRR;
- che, in relazione al medesimo progetto, non sia già previsto che si esprima il CIPESS.
La richiesta deve essere corredata dai seguenti documenti:
- progetto di fattibilità;
- bozza di convenzione;
- piano economico-finanziario (PEF), anche in formato Excel editabile con visibilità delle formule, asseverato ove previsto dalla legislazione vigente;
- relazione illustrativa al PEF;
- matrice dei rischi;
specificazione delle caratteristiche del servizio e della relativa gestione; - ogni ulteriore documentazione ritenuta utile alla formulazione del parere.
Nel caso in cui il parere, ai sensi dell’art. 175, comma 3, del Codice o dell’art. 18-bis del D.L. n. 36/2022, convertito dalla L. n. 79/2022, verta su un procedimento attivato, ex art. 193 del Codice, a seguito di una proposta privata (pervenuta spontaneamente dal 31 dicembre 2024 oppure in riposta a un avviso pubblico di sollecitazione pubblicato dall’ente concedente a partire dal 31 dicembre 2024), lo stesso deve essere richiesto a valle dell’integrazione del progetto di fattibilità, selezionato ai sensi dei commi 6 e 7, richiamati anche dal comma 17, dell’art. 193: tale progetto deve dunque, coerentemente, già contenere anche gli ulteriori elaborati richiesti dall’art. 6 dell’allegato I.7 (o, per i servizi, dall’art. 4-bis del medesimo allegato) ai fini della relativa approvazione.
Laddove sussistano, contemporaneamente, i presupposti per l’applicabilità di entrambe le norme (art. 175, comma 3, del Codice e art. 18-bis del D.L. n. 36/2022, convertito dalla L. n. 79/2022), il parere dovrà essere richiesto ai sensi dell’art. 18-bis in quanto norma a carattere speciale.
Parere obbligatorio NARS ex art. 192 del D.Lgs. n. 36/2023 e artt. 165 e 182 del D.Lgs. n. 50/2016
La richiesta di parere obbligatorio sulle revisioni del contratto, ai sensi dell’art. 192 del Codice o degli artt. 165 e 182 del D.Lgs. n. 50/2016, deve essere indirizzata al Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) - Presidenza del Consiglio dei Ministri, all’indirizzo
PEC: dipe.cipe@pec.governo.itLa richiesta deve dar conto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità della norma, dando evidenza, anche per il tramite di idonea documentazione:
- della riconducibilità dell’operazione di PPP all’art. 174 del Codice o agli artt. 180 e seguenti del D.Lgs. n. 50/2016;
- che il progetto sia di interesse statale oppure sia finanziato con contribuzione a carico dello Stato;
- che la procedura di revisione non preveda il parere CIPESS.
Al fine della valutazione del NARS, l’ente concedente provvede a trasmettere la seguente documentazione:
- bando di gara e documentazione relativa alla procedura diretta alla scelta del contraente privato;
- convenzione vigente con relativi allegati ed eventuali atti aggiuntivi con relativi allegati;
- schema di atto aggiuntivo;
- piano economico finanziario, anche in formato editabile, allegato alla convenzione originaria o risultante da successivi aggiornamenti/revisioni (“PEF vigente”);
- piano economico finanziario, anche in formato Excel editabile, che riproduce il disequilibrio occorso al verificarsi delle cause legittimanti la procedura di revisione (“PEF di Disequilibrio”);
- piano economico finanziario, anche in formato Excel editabile, che riproduce la revisione (“PEF di Riequilibrio”);
- le relazioni illustrative dei tre piani sopra indicati;
- una dettagliata relazione dell’Amministrazione che dia conto (i) dell’istruttoria compiuta dalla stessa circa la sussistenza dei presupposti per l’attivazione della procedura di revisione del PEF e (ii) della condivisione tra le parti della rideterminazione delle condizioni di equilibrio del PEF e del testo dello schema di atto aggiuntivo;
- ogni ulteriore documentazione ritenuta utile alla formulazione del parere.
Parere obbligatorio CIPESS, sentito il NARS, ex art. 143, comma 8, del D.Lgs. n. 163/2006
La richiesta di verifica obbligatoria del CIPESS, sentito il NARS, sulle revisioni del PEF, ai sensi dell’art. 143, commi 8 e 8 bis, del D.Lgs. n. 163/2006, deve essere indirizzata a:
- Comitato Interministeriale per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) – Presidenza del Consiglio dei Ministri, all’indirizzo
PEC: dipe.cipe@pec.governo.it - Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) - Presidenza del Consiglio dei Ministri, all’indirizzo
PEC: dipe.cipe@pec.governo.it
La richiesta, cui deve essere allegata tutta la pertinente documentazione utile alla previa verifica del CIPESS, sentito il NARS, deve dar conto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità della norma, dando evidenza della riconducibilità dell’operazione alla tipologia contrattuale della concessione di lavori pubblici, disciplinata dal D.Lgs.
n. 163/2006. - Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) - Presidenza del Consiglio dei Ministri,
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Ove sussistano i presupposti dell’art. 175, comma 3, del D.Lgs. n. 36/2023 o dell’art. 18-bis del D.L. n. 36/2022, convertito dalla L. n. 79/2022, la richiesta del parere obbligatorio:
- in caso di procedura “a iniziativa privata”, avviata, cioè, sulla base di una proposta privata ai sensi dell’art. 193 del Codice (spontanea o sollecitata con avviso pubblico dell’ente concedente), è preliminare all’approvazione della proposta da parte dell’ente concedente ai sensi dell’art. 193, comma 7, del medesimo Codice (cfr. infra domanda n. 9);
- in caso di procedura “a iniziativa pubblica” (art. 182 del Codice), è preliminare alla pubblicazione del bando di gara da parte dell’ente concedente ovvero, nei casi di cui all’articolo 182, comma 7 del Codice, è preliminare all’avvio della procedura di affidamento.
Ove sussistano i presupposti dell’art. 192 del Codice o degli artt. 165 e 182 del D.Lgs.
n. 50/2016, il parere deve essere richiesto prima della determinazione finale da parte dell’ente concedente sulla revisione del contratto (in linea generale, prima dell’approvazione del relativo atto aggiuntivo). Per la nozione di “iniziativa privata” e di “iniziativa pubblica” (cfr. domanda n. 42). -
Nel caso dell’art. 175, comma 3, del Codice il parere viene reso dal NARS entro venti giorni dalla ricezione, da parte del medesimo NARS, delle valutazioni che il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato deve formulare al Nucleo entro venticinque giorni dalla formulazione della richiesta di parere.
Nel caso dell’art. 18-bis del D.L. n. 36/2022, convertito dalla L. n. 79/2022, il parere è emesso dal DIPE, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze –Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, entro quarantacinque giorni dalla richiesta di parere.
Eventuali richieste di chiarimento o integrazione documentale formulate all’ente concedente sospendono i termini del procedimento, secondo quanto previsto per i procedimenti amministrativi dall’articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241.Nel caso dell’art. 192 del Codice e degli artt. 165 e 182 del D.Lgs. n. 50/2016, in base al DPCM 26 settembre 2023, il parere viene reso entro sessanta giorni dalla data di ultima ricezione della documentazione, fermo restando che il termine anzidetto è interrotto in caso di richieste istruttorie da parte del Coordinatore del NARS e ricomincia a decorrere dalla data di ricezione da parte del NARS della relativa risposta.
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Il DIPE e il NARS rendono nota l’attività svolta e i risultati conseguiti annualmente, attraverso la predisposizione e la successiva trasmissione al CIPESS di una “Relazione annuale”. Le Relazioni annuali sono reperibili sul sito web istituzionale del DIPE.
Sul medesimo sito istituzionale, sono reperibili e consultabili tutte le pubblicazioni e le linee guida del DIPE e del NARS in ambito PPP, inerenti allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali. Le pubblicazioni includono, altresì, documenti tecnici, studi e rapporti predisposti dalla Struttura Tecnica. Il link al quale fare riferimento è il seguente: www.programmazioneeconomica.gov.it/it/il-partenariato-pubblico-privato
PPP: ELEMENTI E CARATTERISTICHE
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Le principali tipologie di PPP sono contenute nel Libro IV del D.Lgs. n. 36/2023, rubricato “Del Partenariato Pubblico-Privato e delle Concessioni”, ed in particolare nell’art. 174, che individua il PPP come “un’operazione economica” contraddistinta da determinate caratteristiche (cfr. comma 1).
Il predetto articolo delinea due principali tipologie:
- PPP contrattuale, il quale comprende le figure della concessione, della locazione finanziaria, del contratto di disponibilità e degli altri contratti stipulati dalla pubblica amministrazione con operatori economici privati che abbiano i contenuti previsti dal comma 1 dell’art. 174 e siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela;
- PPP istituzionale, che prevede la creazione di un ente partecipato congiuntamente dalla parte privata e da quella pubblica, disciplinato, in base al comma 4 dell’art. 174 del Codice, dal Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 - c.d. TUSP -, e dalle altre norme speciali di settore.
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Le principali caratteristiche di un’operazione di Partenariato Pubblico Privato, che devono ricorrere congiuntamente ai sensi dell’art. 174, comma 1, del Codice, sono:
- l’instaurazione di un rapporto di lungo periodo tra un ente concedente e uno o più partner privati, finalizzato al raggiungimento di un interesse pubblico. Ai sensi dell’art. 178 del D.Lgs. n. 36/2023, la durata massima dei contratti ultraquinquennali non può superare il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati nell'esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno del capitale investito, e tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici assunti;
- la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proveniente in misura “significativa” da risorse reperite dalla parte privata, anche in virtù del rischio operativo assunto dalla medesima;
- il rilevante ruolo dell’operatore economico che deve realizzare e gestire il progetto. La parte pubblica, invece, si concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini di interesse pubblico, verificandone l’attuazione;
- il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi allocato in capo al soggetto privato.
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Il project risk management si sviluppa lungo tutto l’arco di vita dell’operazione e si articola in quattro fasi sequenziali:
- fase 1 - identificazione del rischio (risk identification). Sono individuati tutti gli eventi rilevanti che potrebbero costituire un rischio nella realizzazione dell’operazione;
- fase 2 - valutazione del rischio (risk assessment). Si determina la probabilità di manifestazione dei rischi identificati e la valutazione dell’impatto delle loro conseguenze sull’operazione in caso di accadimento, oltre che la fase nella quale potrebbero manifestarsi (progettazione, costruzione e gestione);
- fase 3 - gestione del rischio (risk management). Si allocano le diverse responsabilità di gestione dei rischi tra i soggetti coinvolti nell’operazione, ripartendo le differenti tipologie di rischio e gli strumenti atti a ridurre la probabilità del manifestarsi dei rischi stessi. In particolare, dovrà essere verificato l’effettivo trasferimento dei rischi all’interno della bozza di convenzione e nell’allegata matrice dei rischi;
- fase 4 - monitoraggio e revisione del risk management. Si monitorano attraverso un adeguato strumento di reporting e vengono rivisti i rischi identificati. Inoltre, si individuano i nuovi eventuali rischi che lo sviluppo dell’operazione genera sottoponendoli ad un analogo processo di gestione. Il processo termina alla scadenza del contratto.
Una volta identificati e valutati i rischi dell’operazione si dovrà decidere quali di essi sia opportuno trasferire sull’operatore economico privato, quali trattenere in capo all’ente concedente e quali suddividere tra le parti.
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Ferma restando la generale categoria di “rischio operativo” da allocare in capo all’operatore economico (cfr. domanda n. 18), gli specifici rischi relativi a un’operazione di PPP associabili alle diverse fasi della stessa sono:
- rischi connessi al periodo di progettazione e realizzazione del progetto (i.e. rischi pre- completion), dati principalmente dal rischio di progettazione e dal rischio di costruzione riconducibile a diverse categorie di eventi;
- rischi connessi alla gestione economica dell’iniziativa, i quali possono articolarsi nel rischio di disponibilità e/o nel rischio di domanda (rischi “post completion”);
- rischi generali di progetto (legati a fattori di rischio che permangono in tutte le fasi di realizzazione) come il rischio finanziario, il rischio normativo, il rischio amministrativo, i rischi politici, etc.
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Un’operazione di PPP deve mirare ad una allocazione ottimale dei rischi. In tale ottica, l’ente concedente deve valutare l’effettiva capacità dei diversi soggetti di farsi carico dei rischi loro allocati e l’implicazione che tale allocazione avrà sul costo effettivo, sulla bancabilità e sulla fruibilità dell’opera.
La probabilità di accadimento di un evento legato al rischio considerato è, in una certa misura, connessa alla capacità del soggetto a cui è stato allocato il rischio di porre in essere azioni di prevenzione e mitigazione volte alla minimizzazione del rischio stesso. In tal senso, l’ente concedente dovrebbe trasferire al privato i rischi che quest’ultimo, per competenze tecniche specialistiche o per conoscenze ed esperienze precedenti, è in grado di minimizzare con riferimento alla loro probabilità di accadimento o all’impatto economico negativo ad essi attribuibile.
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Il rischio operativo connesso alla gestione dei lavori o alla realizzazione dei servizi – che, ai sensi dell’art. 174 del Codice, deve essere allocato in capo al soggetto privato nelle operazioni di partenariato pubblico-privato – si intende trasferito all’operatore economico quando, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto di concessione. Occorre che la parte del rischio trasferita al partner privato comporti una effettiva esposizione alle fluttuazioni del mercato, tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile. Ai fini della valutazione del rischio operativo deve essere preso in considerazione il valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario (cfr. art. 177, comma 2, del Codice).
Il rischio operativo è quindi connesso alla possibilità che si determini una riduzione sostanziale della redditività dell’operatore economico, per motivi connessi all’alea imprenditoriale, che possono riguardare o la variabilità del mercato, con incidenza diretta sulla domanda prevista, o l’organizzazione dei fattori che incidono sulla disponibilità del servizio offerto. In questa categoria di rischio rientrano, tra gli altri, il rischio di costruzione, il rischio di domanda e il rischio di disponibilità. Non rilevano rischi connessi a cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali dell’operatore economico o a cause di forza maggiore (art. 177, comma 3, del Codice).
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Con tale tecnica si intende il finanziamento di un progetto in grado di generare, nella fase di gestione, flussi di cassa sufficienti a rimborsare il debito contratto per la sua realizzazione e a remunerare il capitale di rischio. Il progetto si presenta come entità autonoma rispetto ai soggetti che lo promuovono e viene valutato dai finanziatori, principalmente, per la sua capacità di generare flussi di cassa.
Tale modalità di finanziamento è di prassi sottesa all’utilizzo del contratto di concessione.
La tecnica di finanziamento descritta non deve confondersi con la locuzione utilizzata dal Codice al Titolo IV della Parte II del Libro IV (rubricata “Finanza di progetto”) per identificare e disciplinare invece, all’art. 193, una specifica modalità di affidamento di una concessione, o di altro contratto di PPP, basata sulla formulazione di una proposta da parte dell’operatore economico (spontanea o predisposta in risposta a un avviso di sollecitazione pubblicato su iniziativa dell’ente concedente).
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Può essere opportuno utilizzare la tecnica del Project Financing nel caso di progetti in cui:
- i flussi di ricavi siano sufficienti alla copertura dei costi di gestione e di investimento ed alla remunerazione del capitale investito da soci e banche;
- la componente gestionale rivesta un’importanza qualificante;
- il soggetto privato si assuma l’onere del finanziamento, con rivalsa del soggetto finanziatore limitata all’attività finanziata;
il soggetto privato assuma una parte preponderante dei rischi e dei benefici connessi alla realizzazione e gestione del progetto.
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Il ricorso alla tecnica del Project Financing implica vantaggi sia per l’ente concedente sia per il partner privato.
I principali vantaggi per l’ente concedente possono essere:
- la possibilità di realizzare un’iniziativa di interesse per la collettività, limitandone l’impatto sul bilancio pubblico e senza assumere i rischi di costruzione, finanziario e di mercato, che dovrebbero essere posti a carico dei privati;
- l’opportunità di perseguire una più elevata qualità della progettazione, tempi ridotti di realizzazione e maggiore efficienza gestionale, anche con riferimento alla manutenzione dei beni.
I principali vantaggi per il privato sono riconducibili a:
- la possibilità di limitare l’impatto sul proprio bilancio di un eventuale fallimento del progetto, in quanto il progetto si presenta come entità autonoma;
- l’accesso a nuovi finanziamenti “fuori bilancio”, evitando di peggiorare i propri indici di indebitamento;
- l’attivazione di una elevata leva finanziaria (con percentuali di debito su mezzi propri che può giungere anche al 60%-80%). Sul punto, si rammenta che la struttura finanziaria dipende non solo dalle peculiarità settoriali (settori speciali, servizi pubblici, regolamenti, etc.) dell'operazione che si intende finanziare, ma anche dalle condizioni generali del mercato;
- la possibilità di mettere in comune con altre imprese (pubbliche e private) competenze e risorse su progetti innovativi e per questo più rischiosi.
Le principali criticità del ricorso al Project Financing sono rappresentate da:
- i maggiori costi di strutturazione dell’operazione (costi legali, tecnici e finanziari per implementare la struttura, costi assicurativi, commissioni varie, studi, etc.);
- la struttura contrattuale dell’operazione più complessa.
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Ai sensi dell’art. 174, comma 3, del D.Lgs. n. 36/2023, il partenariato pubblico-privato di tipo contrattuale comprende:
- la concessione;
- la locazione finanziaria;
- il contratto di disponibilità;
- gli altri contratti stipulati da enti concedenti con operatori privati i quali, ancorché atipici, abbiano i contenuti previsti dal comma 1 dell’art. 174 e siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela.
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Nell’ordinamento interno la disciplina di riferimento del partenariato pubblico privato di tipo contrattuale è contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 2023, n. 36, che definisce le caratteristiche minime di un’operazione di partenariato all’articolo 174 (cfr. domande nn. 13 e 14).
In particolare, la disciplina del contratto di PPP è contenuta nelle disposizioni di cui ai titoli II, III e IV della Parte II del Libro IV. Le modalità di allocazione del rischio operativo, la durata del contratto, le modalità di determinazione della soglia e i metodi di calcolo del valore stimato sono disciplinate dagli articoli 177, 178 e 179 del Codice.
Occorre specificare che si tratta di disposizioni dettate per la concessione ma che, per espressa previsione dell’art. 174, valgono per tutti i contratti di PPP.
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Ai sensi dell’art. 174, comma 5, del Codice, i contratti di PPP possono essere stipulati solo da enti concedenti “qualificati” ai sensi dell’art. 63 del medesimo Codice. Detto
art. 63 del Codice al comma 7 dispone che i requisiti di qualificazione per la progettazione e l'affidamento sono disciplinati dall'allegato II.4 e attengono:- all’organizzazione della funzione di spesa e ai processi;
- alla consistenza, esperienza e competenza delle risorse umane, ivi incluso il sistema di reclutamento e la adeguata formazione del personale;
- all’esperienza maturata nell'attività di progettazione, affidamento ed esecuzione di contratti, ivi compreso l'eventuale utilizzo di metodi e strumenti di gestione informativa delle costruzioni (comma 7).
Il medesimo art. 63 del Codice al comma 10, dispone che, in relazione al comma 7, lettera b), e alla formazione del personale propedeutica alla qualificazione per l’esecuzione, la Scuola nazionale dell'amministrazione definisce i requisiti e le modalità per l'accreditamento dei soggetti pubblici o privati, che svolgono attività formative, procedendo alla verifica, anche a campione, della sussistenza dei requisiti stessi e provvede alle conseguenti attività di accreditamento nonché alla revoca dello stesso nei casi di accertata carenza dei requisiti.
I soggetti qualificati ai sensi dell’art. 63 del Codice sono iscritti in un elenco istituito e gestito dall’ANAC.
Sono iscritti di diritto nel citato elenco:
- Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, compresi i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche;
- Consip S.p.a.;
- Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a.;
- Difesa servizi S.p.A.;
- Agenzia del Demanio;
- soggetti aggregatori di cui all'articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66;
- Sport e salute S.p.a.;
- Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio con competenza sul territorio del capoluogo di regione;
- Stazioni appaltanti delle unioni di comuni, delle province e delle città metropolitane, dei comuni capoluogo di provincia e delle regioni, iscritte in sede di prima applicazione con riserva.
Eventuali ulteriori iscrizioni di diritto possono essere disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l’ANAC, previa intesa in sede della Conferenza unificata.
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Il partenariato istituzionalizzato (ovvero di tipo istituzionale) implica l’esistenza di una struttura detenuta congiuntamente dall’ente pubblico e dal partner privato, volta al perseguimento dell’interesse pubblico assicurando la realizzazione di un’opera ovvero di un servizio a favore della collettività.
Le autorità pubbliche ricorrono a questa modalità, in particolare, per la gestione di servizi pubblici a livello locale (servizi di approvvigionamento idrico o per la raccolta dei rifiuti, etc.). Nel caso di società mista, l’Amministrazione persegue l’interesse pubblico attraverso la creazione di una società compartecipata nel cui ambito l’operatore privato apporta un contributo, non solo economico ma, soprattutto, di carattere operativo ed industriale. La società mista non rappresenta, peraltro, l’unico modello di PPP istituzionalizzato, rientrandovi in generale tutte le entità giuridiche detenute da soggetti pubblici e privati, tra cui, per esempio, la fondazione di partecipazione.
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Ai sensi dell’art. 174, comma 4, del Codice, il partenariato pubblico-privato di tipo istituzionale si realizza attraverso la creazione di un ente partecipato congiuntamente dalla parte privata e da quella pubblica ed è disciplinato dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e dalle altre norme speciali di settore.
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L’art. 180 del D.Lgs. n. 36/2023 distingue tra:
- le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi, che sono aggiudicate conformemente alle disposizioni applicabili alla prestazione che caratterizza l’oggetto principale della concessione (comma 1);
- i contratti misti che contengono elementi della concessione ed elementi dell’appalto, che sono aggiudicati in conformità alla disciplina degli appalti (comma 3).
Qualora le diverse parti del contratto siano oggettivamente inseparabili, si applicherà il regime giuridico determinato in base all’oggetto principale del contratto. Laddove tali contratti presentino elementi sia di una concessione di servizi che di un contratto di forniture, l’oggetto principale sarà determinato sulla base del valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi o forniture.
Per i contratti misti che contengono sia elementi delle concessioni di lavori e servizi, che elementi delle concessioni di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili ovvero riguardanti diritti su tali beni, troverà applicazione la disciplina della Parte II del Libro IV del Codice.
PROGRAMMAZIONE, REALIZZAZIONE E AFFIDAMENTO DEL PPP
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L’amministrazione costruisce il quadro esigenziale in fase antecedente alla programmazione dell’intervento attraverso l’analisi della domanda di opere pubbliche, individuando gli obiettivi generali da perseguire con la realizzazione dell'intervento e le specifiche esigenze qualitative e quantitative che devono essere soddisfatte attraverso la realizzazione dell’intervento stesso.
Ai sensi dell’art. 175 del Codice, le pubbliche amministrazioni devono adottare il programma triennale delle esigenze pubbliche idonee a essere soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato.
La programmazione costituisce il momento decisionale in cui il soggetto pubblico fissa i propri obiettivi e le modalità con cui saranno realizzati, al fine di rispettare i criteri di massima efficienza ed economicità.
Ai sensi del successivo comma 2 dell’art. 175 del Codice, il ricorso al partenariato pubblico-privato deve essere preceduto da una valutazione preliminare di convenienza e fattibilità (cfr. domanda n. 29)
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La valutazione preliminare di convenienza e fattibilità di cui all’art. 175, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023 è incentrata sull’idoneità del progetto ad essere finanziato con risorse private, sulle condizioni con le quali poter ottimizzare il rapporto tra costi e benefici, sull’efficiente allocazione del rischio operativo, sulla possibilità di generare soluzioni innovative, sulla capacità di indebitamento dell’ente e sulla disponibilità di risorse sul bilancio pluriennale. A tal fine, la valutazione, per l’intera durata del rapporto, mette a confronto la stima dei costi e dei benefici del progetto con quella del ricorso alternativo al contratto di appalto.
L’ANAC ha ricordato che la ratio di tale norma è proprio quella di assicurare che la scelta di avvalersi dello strumento del PPP sia preceduta da approfondite valutazioni in merito alla sua convenienza e fattibilità, ciò per evitare sia che vengano intraprese iniziative non realizzabili, sia che dette iniziative risultino non convenienti per la P.A. (cfr. parere del 28 febbraio 2024, n. 9, che ha sottolineato che la valutazione preliminare di convenienza e fattibilità costituisce un adempimento necessario e non derogabile al fine di poter ricorrere alla procedura di PPP e che questa deve essere eseguita secondo le indicazioni contenute nella disposizione di cui all’art. 175 del D.Lgs. n. 36/2023; cfr. altresì parere del 9 ottobre 2024, n. 52).
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La valutazione preliminare di convenienza e fattibilità di cui all’art. 175, comma 2, del Codice è un adempimento necessario e non derogabile al fine di poter ricorrere alla procedura di PPP che, in taluni specifici casi, deve essere accompagnata dalla richiesta di parere di cui al comma 3 del medesimo art. 175: l’acquisizione di tale parere è testualmente finalizzata all’effettuazione della valutazione preliminare di cui sopra.
La richiesta del parere obbligatorio ai sensi dell’art. 175, comma 3, del Codice:
- in caso di procedura avviata sulla base di una proposta privata presentata ai sensi dell’art. 193 del Codice (spontanea o sollecitata con avviso pubblicato su iniziativa dell’ente concedente), è preliminare all’approvazione della proposta da parte dell’ente concedente, ai sensi dell’art. 193, comma 7, del medesimo Codice;
- in caso di procedura a iniziativa pubblica (art. 182 del Codice), è preliminare alla pubblicazione del bando di gara da parte dell’ente concedente.
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L’art. 2 dell’allegato l.1 del Codice, recante le “Definizioni dei contratti”, definisce, alla lett. c), i contratti di concessione come quei contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto a pena di nullità, in virtù dei quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la fornitura e la gestione di servizi a uno o più operatori economici, ed il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire i lavori o i servizi oggetto dei contratti, o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
I contratti remunerati dall’ente concedente senza alcun corrispettivo in denaro a titolo di prezzo si configurano come concessioni solo se il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore dipende dalla domanda del servizio o del bene, oppure dalla loro fornitura (art. 177, comma 4, del Codice).
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Nel rapporto concessorio, il contratto (i.e. la convenzione) ha la funzione di disciplinare i rapporti tra l’ente concedente e il concessionario per tutta la durata della concessione e le relative obbligazioni.
Si ricordano alcuni fra i principali contenuti tipici del contratto di concessione:
- il richiamo, nelle premesse, ai presupposti e alle condizioni di base che determinano l’equilibrio economico finanziario dell’operazione, che costituiscono parte integrante del contratto e le cui variazioni, ove legate ad eventi straordinari ed imprevedibili non imputabili al concessionario, qualora determinino una modifica dell’equilibrio del piano, comportano la sua revisione;
- le obbligazioni dell’operatore economico e dell’ente concedente;
- la definizione di equilibrio economico finanziario, che faccia riferimento agli indicatori di redditività e di capacità di rimborso del debito;
- l’individuazione di una specifica procedura in caso di riequilibrio del PEF e delle fattispecie in cui la stessa può essere attivata;
- le garanzie;
- le penali;
- i presidi a garanzia del mantenimento dell’allocazione del rischio operativo sul privato per tutta la durata del rapporto e gli strumenti di verifica e controllo in capo all’ente concedente;
- la previsione di adeguati algoritmi per il calcolo del valore eventualmente dovuto in caso di cessazione anticipata del rapporto contrattuale (cfr. anche domanda n. 63).
La convenzione rappresenta, insieme al piano economico finanziario, cui è strettamente correlata, il cuore di un’operazione di partenariato pubblico privato. Ai sensi dell’art. 182 del Codice, lo schema di contratto a base di gara e il piano economico-finanziario sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la congrua redditività del capitale investito. I bandi possono anche richiedere che le offerte siano corredate da manifestazioni di interesse dell'istituto finanziatore.
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Ai sensi dell’art. 178 del Codice, la durata delle concessioni è limitata ed è determinata dall’ente concedente in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario.
Per le concessioni superiori ai 5 anni, la durata massima non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario (individuato sulla base di criteri di ragionevolezza), insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici assunti dal concessionario per rispondere alle esigenze riguardanti, ad esempio, la qualità o il prezzo per gli utenti ovvero il perseguimento di elevati standard di sostenibilità ambientale. Gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono quelli effettivamente sostenuti dal concessionario, sia iniziali che in corso di concessione.
La durata massima della concessione deve essere indicata nei documenti di gara, a meno che essa non sia utilizzata come criterio di aggiudicazione del contratto.
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Il contratto deve definire puntualmente le reciproche obbligazioni delle parti e la ripartizione dei rischi di progetto tra l’ente concedente e l’operatore economico.
In relazione alla fase di costruzione, il contratto e i relativi allegati dovrebbero opportunamente contenere clausole che permettano una corretta allocazione in capo al partner privato del rischio di eventuali extra costi, quali quelli conseguenti a fatti imputabili all’operatore privato.
A tal fine, rilevano, ad esempio, le clausole che:
- condizionino l’erogazione al partner privato della maggior parte del contributo pubblico a SAL o a fine lavori;
- subordinino al consenso della parte pubblica l’ammissibilità di varianti che comportano un incremento dei costi a carico della parte pubblica stessa;
- addossino alla parte privata le conseguenze di eventuali inadempimenti.
Per quanto concerne le previsioni di allocazione dei rischi relative alla fase di gestione, il contratto e i suoi allegati dovrebbero, a titolo esemplificativo, contenere:
- l’elencazione di tutti i servizi che il privato è tenuto a prestare con l’indicazione dei livelli quantitativi e qualitativi da assicurare all’utenza;
- le modalità di applicazione e la misura delle penali dovute dal partner privato in caso di inosservanza degli standard di servizio previsti;
- le modalità per l’esercizio della funzione di vigilanza sulla gestione da parte della pubblica amministrazione. Ai sensi dell’art. 175, comma 6, del Codice, l'ente concedente esercita, infatti, il controllo sull’attività dell'operatore economico, verificando in particolare la permanenza in capo all'operatore economico del rischio operativo trasferito. L'operatore economico fornisce tutte le informazioni necessarie allo scopo, con le modalità stabilite nel contratto;
- gli eventuali meccanismi di adeguamento delle prestazioni nel rispetto di regole certe e prestabilite.
Si ricorda che il Codice rafforza l’importanza del trasferimento effettivo e sostanziale in capo all’operatore economico del “rischio operativo” (cfr. domanda n. 18) legato alla gestione dei lavori e/o servizi oggetto del contratto.
Conseguentemente, la matrice dei rischi è lo strumento che rappresenta la ripartizione dei rischi tra le parti, come fissata nei documenti contrattuali, e la sua compilazione consente una immediata identificazione dell’allocazione dei rischi rilevati nell’operazione. La matrice ha i principali obiettivi di:
- elencare e descrivere tutti i rischi individuabili nell’operazione;
- indicare il soggetto a cui i singoli rischi sono attribuiti (partner pubblico, partner privato, misto), sulla base delle disposizioni contrattuali richiamate nella matrice stessa.
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L’art. 41, comma 6, del Codice specifica gli obiettivi e gli ambiti essenziali del progetto di fattibilità tecnica ed economica (PFTE), il quale:
- individua, tra più soluzioni possibili, quella che esprime il rapporto migliore tra costi e benefici per la collettività in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e alle prestazioni da fornire;
- contiene i necessari richiami all’eventuale uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni di cui all’art. 43 del Codice;
- sviluppa, nel quadro delle necessità, tutte le indagini e studi necessari per la definizione degli aspetti di cui all’art. 41, comma 1, del Codice;
- individua, con le relative stime economiche, le caratteristiche dimensionali, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare, compresa la scelta in merito alla possibile suddivisione in lotti funzionali;
- consente, ove necessario, l’avvio della procedura espropriativa;
- contiene tutti gli elementi necessari per il rilascio delle autorizzazioni e approvazioni prescritte;
- contiene il piano preliminare di manutenzione dell’opera e delle sue parti;
- nei casi di adozione di metodi e strumenti di gestione informativa digitale, recepisce i requisiti informativi sviluppati per il perseguimento degli obiettivi di livello progettuale e definiti nel capitolato informativo allegato al documento di indirizzo della progettazione.
Inoltre, come indicato all’art. 6, comma 1, dell’Allegato I.7 del Codice, il PFTE costituisce lo sviluppo progettuale della soluzione che, tra le alternative possibili, presenta il miglior rapporto tra costi complessivi da sostenere e benefici attesi per la collettività. La finalità sostanziale del PFTE è, pertanto, quella di trasformare l’iniziale idea progettuale in una specifica soluzione d’intervento ovvero in una concreta proposta di investimento, nel rispetto di tutti i vincoli esistenti e dei principi di sostenibilità economica, territoriale, ambientale e sociale.
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Per gli affidamenti di lavori, gli elaborati costitutivi del PFTE sono stabiliti dal comma 7 dell’art. 6 dell’Allegato I.7 del Codice, secondo il seguente elenco:
- relazione generale;
- relazione tecnica, corredata di rilievi, accertamenti, indagini e studi specialistici;
- relazione di verifica preventiva dell’interesse archeologico (in caso di opere ricadenti in aree di interesse archeologico ai sensi dell’art. 28, co. 4, del D.Lgs. n. 42/2004) ed eventuali indagini dirette sul terreno, anche digitalmente supportate tramite la procedura di cui all’Allegato I.8;
- studio di impatto ambientale, per le opere soggette a Valutazione di Impatto Ambientale (nel seguito VIA);
- relazione di sostenibilità dell’opera;
- rilievi plano-altimetrici e stato di consistenza delle opere esistenti e di quelle interferenti nell’immediato intorno dell’opera da progettare;
- modelli informativi e relativa relazione specialistica, sulla modellazione informativa nei casi previsti dall’articolo 43 del Codice;
- elaborati grafici delle opere, nelle scale adeguate, integrati e coerenti con i contenuti dei modelli informativi, quando presenti;
- computo estimativo dell’opera;
- quadro economico di progetto;
- piano economico e finanziario di massima;
- cronoprogramma;
- piano di sicurezza e di coordinamento, finalizzato alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei cantieri, ai sensi del D. Lgs. n. 81/2008, nonché in applicazione dei vigenti accordi sindacali in materia. Stima dei costi della sicurezza;
- capitolato informativo nei casi previsti dall’articolo 43 del Codice;
- piano preliminare di manutenzione dell’opera e delle sue parti;
- piano preliminare di monitoraggio geotecnico e strutturale;
- piano preliminare di monitoraggio ambientale (per le opere soggette a VIA, e comunque ove richiesto);
- piano particellare delle aree espropriande o da acquisire (ove pertinente).
Nello specifico, i contenuti e le tematiche di pertinenza di ciascuno degli elaborati sopra elencati sono illustrati negli articoli da 7 a 20 della Sezione II dell’Allegato I.7 del Codice, a cui si rimanda per una completa ed esaustiva definizione.
Per gli affidamenti di servizi, invece, la progettazione è disciplinata dall’art. 4-bis dell’Allegato I.7 del Codice. In particolare, i contenuti minimi del progetto sono costituiti almeno da una relazione generale illustrativa, dal capitolato tecnico e dal documento di stima economica secondo le previsioni di cui all’articolo 41, commi 13 e 14, del Codice.
Per i contenuti del “Progetto di Fattibilità” disciplinato dall’art. 6 bis dell’Allegato I.7 del Codice (richiamato nell’art. 193 del medesimo Codice), relativo alle proposte di cui alla procedura di affidamento in “Finanza di progetto”, si veda la domanda n. 53.
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Ai sensi dell’articolo 175, comma 7, del Codice, nella versione modificata dal Correttivo, gli enti concedenti sono tenuti a trasmettere - quale condizione di efficacia dei contratti - le informazioni relative ai contratti di PPP stipulati che prevedono la realizzazione di opere o lavori, attraverso il portale web sul monitoraggio dei contratti di PPP all’uopo istituito presso la Ragioneria Generale dello Stato (RGS) del Ministero dell’Economia e delle Finanze (https://ppp.rgs.mef.gov.it/ppp).
Le modalità di accesso al suddetto portale e le corrispondenti istruzioni di utilizzo sono contenute nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM) del 19 maggio 2022, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 2022.
Il citato portale, sviluppato dalla RGS in accordo con il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della PCM, sentito l'ISTAT, ha il duplice obiettivo di favorire la raccolta delle informazioni necessarie alle Istituzioni coinvolte, per i rispettivi fini, e di ridurre gli oneri di trasmissione a carico delle amministrazioni aggiudicatrici, nel rispetto del principio dell’unicità dell’invio del dato.
Il medesimo comma 7 dell’art. 175 del Codice, inoltre, stabilisce che gli enti concedenti sono tenuti a dare evidenza dei contratti in argomento mediante apposito allegato al bilancio d’esercizio, con l’indicazione del codice unico di progetto (CUP) e del codice identificativo di gara (CIG), del valore complessivo del contratto, della durata, dell’importo del contributo pubblico e dell’importo dell’investimento a carico del privato.
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Ai sensi dell’art. 175, comma 5, del Codice, l’ente concedente, sentito l’operatore economico, affida al responsabile unico del progetto (RUP), nominato nel primo atto di avvio dell’intervento pubblico da realizzare mediante un contratto ai sensi dell’art. 15 del Codice, le funzioni di responsabile unico del progetto di partenariato per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione di ciascuna procedura. In particolare, il responsabile coordina e controlla, sotto il profilo tecnico e contabile, l’esecuzione del contratto, verificando costantemente il rispetto dei livelli di qualità e quantità delle prestazioni.
Il RUP deve, dunque, assicurare il completamento dell’intervento nei termini previsti e nel rispetto degli obiettivi connessi al proprio incarico, svolgendo tutte le attività indicate nell’allegato I.2 al Codice o che siano comunque necessarie, ove non di competenza di altri organi.
Ai sensi dell’art. 15 del Codice è vietata l'attribuzione dei compiti di RUP (nonché di responsabile dei lavori, direttore dei lavori o collaudatore) al soggetto aggiudicatario dei contratti di partenariato pubblico-privato e ai soggetti allo stesso collegati.
Ferma restando l’unicità del RUP, gli enti concedenti possono individuare modelli organizzativi che prevedono la nomina di un responsabile del procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione, e di un responsabile del procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.
Gli enti concedenti nominano il RUP tra i dipendenti assunti anche a tempo determinato, preferibilmente in servizio presso l’unità organizzativa titolare del potere di spesa, in possesso dei requisiti di cui all’allegato I.2 e di competenze professionali adeguate in relazione ai compiti al medesimo affidati, nel rispetto dell’inquadramento contrattuale e delle relative mansioni (cfr. art. 15 del D.Lgs. n. 36/2023). Inoltre, ai sensi del richiamato art. 15 e, in particolare, del comma 2 per come modificato dal Correttivo, resta ferma la possibilità per le stazioni appaltanti (nonché - in analogia - per gli enti concedenti), in caso di accertata carenza nel proprio organico di personale in possesso dei requisiti di cui al citato allegato I.2., di nominare il RUP tra i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche.
È possibile, inoltre, l’istituzione di una struttura di supporto al RUP, per la migliore realizzazione dell’intervento pubblico, nei casi di particolare complessità che richiedano valutazioni e competenze altamente specialistiche.
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La disciplina in materia di incentivi alle funzioni tecniche è contenuta nell’art. 45 del Codice, in merito al quale la relazione illustrativa del Consiglio di Stato al Codice ha precisato che: “Il comma 1 stabilisce che le risorse per remunerare le attività tecniche gravano sugli stanziamenti relativi alle procedure di affidamento, estendendo la previsione alle attività tecniche relative a tutte le procedure e non solo all’appalto. Si superano, in tal modo, le difficoltà discendenti dalla vigente formulazione che, a parità di funzioni tecniche svolte, consentiva l’erogazione dell’incentivo ai dipendenti solo in caso di appalti ed escludeva tutte le altre procedure e gli affidamenti diretti”.
La nuova formulazione di detta disposizione ha, dunque, fatto propendere per l’applicabilità degli incentivi tecnici anche al partenariato pubblico-privato (a differenza di quanto ritenuto nel vigore dell’art. 113 del previgente D. Lgs. n. 50/2016).
Tale conclusione è altresì avallata dalla Corte dei conti, che ha ritenuto il PPP come un’operazione economica nella quale può essere prevista l’applicazione degli incentivi per le funzioni tecniche, sempre che le attività svolte siano quelle previste dall’allegato I.10 del Codice (si vedano Corte dei conti, sez. contr. per la Lombardia, deliberazione n. 187/2023/PAR e Corte dei conti, sez. contr. per la Regione Toscana, deliberazione n. 3/2024/PAR). Per l’applicabilità degli incentivi tecnici le attività svolte devono dunque rientrare nell’elencazione dell’Allegato I.10 del Codice, e gli incentivi devono essere finanziati tramite gli stanziamenti previsti per le singole procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, come prescritto dal comma 1 dell’art. 45 del Codice.
L'art. 2 del D.L. 73/2025 (c.d. “D.L. Infrastrutture”) ha modificato l'art. 45, comma 4, del Codice, introducendo un periodo che prevede espressamente che gli incentivi per le funzioni tecniche siano corrisposti al personale con qualifica dirigenziale in deroga al regime di onnicomprensività di cui all’art. 24 del D. Lgs. n. 165/2001 e alle analoghe disposizioni previste dai rispettivi ordinamenti del personale in regime di diritto pubblico. La legge di conversione del citato D.L. Infrastrutture (cfr. legge 18 luglio 2025, n. 105) ha precisato che l’art. 45, comma 4, del Codice, così come modificato, si applica solo alle attività svolte dal 31 dicembre 2024: rileva, pertanto, il momento di svolgimento delle attività, rispetto al quale la legge di conversione specifica che la nuova disposizione si applica anche ai procedimenti in corso alla medesima data e avviati prima.
Da ultimo, è utile segnalare come il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), in risposta al quesito del 3/6/2024, n. 2635, abbia dedotto che gli importi spettanti alle funzioni tecniche non possono essere posti a carico del concessionario. Infatti, l'art. 45, comma 1, del Codice può essere applicato anche ai contratti di concessione, a valere sugli stanziamenti previsti per le singole procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti.
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Secondo l’art. 179 del Codice, il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell'IVA, stimato dall’ente concedente, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché delle forniture accessorie a tali lavori e servizi.
Il valore è stimato al momento dell’invio del bando di concessione o (nei casi in cui non sia previsto detto bando) al momento in cui l’ente concedente avvia la procedura di aggiudicazione della concessione.
Nel calcolo del valore stimato della concessione, effettuato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti di gara, gli enti concedenti devono tener conto, se del caso, anche dei seguenti elementi:
- il valore di eventuali clausole di opzione;
- gli introiti derivanti dal pagamento (da parte degli utenti) di tariffe e multe diverse da quelle riscosse per conto dell’ente concedente;
- i pagamenti o qualsiasi vantaggio finanziario conferito al concessionario in qualsivoglia forma dall’ente concedente o da altre amministrazioni pubbliche, incluse le compensazioni per l’assolvimento di un obbligo di servizio pubblico e le sovvenzioni pubbliche di investimento;
- il valore delle sovvenzioni o di qualsiasi altro vantaggio finanziario in qualsivoglia forma conferiti da terzi per l’esecuzione della concessione;
- le entrate derivanti dalla vendita di elementi dell’attivo facenti parte della concessione;
- il valore dell’insieme delle forniture e dei servizi messi a disposizione del concessionario dagli enti concedenti, purché siano necessari per l’esecuzione dei lavori o la prestazione dei servizi;
- ogni premio o pagamento ai candidati o agli offerenti.
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L’art. 178 del Codice dispone che la durata dei contratti di concessione non è prorogabile, salvo per i casi di revisione previsti dall’articolo 192, comma 1, del Codice per eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, ivi compreso il mutamento della normativa o della regolazione di riferimento, purché non imputabili al concessionario, che incidano in modo significativo sull’equilibrio economico-finanziario dell’operazione.
Non sono in nessun caso prorogabili i contratti aggiudicati senza gara, di cui all’articolo 186, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023, secondo cui i titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici, ad esclusione di quelli disciplinati dal Libro III, già in essere alla data di entrata in vigore del Codice, di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea, e non affidati conformemente al diritto dell'Unione europea vigente al momento dell’affidamento o della proroga, affidano mediante procedura ad evidenza pubblica una quota tra il 50 per cento e il 60 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture stabilita convenzionalmente dal concedente e dal concessionario.
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La procedura a “iniziativa pubblica” per l’aggiudicazione di un contratto di PPP è disciplinata dagli artt. 182 e seguenti del Codice. La stessa viene avviata su iniziativa dell’ente concedente con la pubblicazione di un bando di gara e relativi allegati, ivi compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico-finanziario. A base di gara è posto almeno un progetto di fattibilità tecnica ed economica e l’aggiudicatario dovrà provvedere alla predisposizione del successivo livello progettuale.
La procedura ad “iniziativa privata” per l’aggiudicazione di un contratto di PPP è disciplinata, invece, dall’art. 193 del Codice, il quale delinea una procedura di affidamento basata su una proposta privata, che può essere a sua volta formulata spontaneamente dall’operatore economico o su sollecitazione dell’ente concedente tramite un avviso pubblico. Dal momento che questa seconda opzione è nominata nell’ambito dell’art. 193 del Codice come “iniziativa dell’ente concedente” – il quale pubblica il citato avviso pubblico per sollecitare la formulazione di proposte da parte degli operatori economici privati (contenenti, fra l’altro, il progetto con i contenuti di cui all’art. 193, comma 3, del Codice) – occorre chiarire che tale “iniziativa dell’ente concedente” deve intendersi distinta dalla sopra descritta procedura ad iniziativa pubblica di cui all’art. 182, nella quale è l’Amministrazione a redigere il progetto e a porlo a base di gara, assieme agli altri allegati, per le successive offerte (cfr. domanda n. 43 e seg.).
La distinzione fra le due nozioni “iniziativa pubblica” e “iniziativa privata” rileva ai fini dell’individuazione del momento nel quale formulare, ove ne sussistano i presupposti di legge, la richiesta del parere obbligatorio di cui all’art. 175, comma 3, del Codice o dell’art. 18 bis del D.L. n. 36/2022, convertito dalla legge n. 79/2022.
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L’art. 182, comma 2, del Codice prescrive che il bando contenga tutte le informazioni indicate nell’allegato IV.1 al medesimo Codice e, se ritenuto opportuno, ogni altra informazione considerata utile dall’ente concedente. Il comma 5 menziona espressamente fra gli allegati al bando lo schema di contratto e il piano economico finanziario.
Al contempo, gli enti concedenti forniscono, nel bando, una descrizione della concessione e delle condizioni di partecipazione alla gara mentre, nell'invito a presentare offerte o negli altri documenti di gara, gli enti concedenti stessi sono tenuti a fornire, altresì, una descrizione dei criteri di aggiudicazione e, se del caso, dei requisiti minimi da soddisfare (cfr. art. 183, comma 3, del Codice).
Il bando indica, poi, le condizioni di partecipazione relative alle capacità tecniche e professionali e alla capacità finanziaria ed economica ed i requisiti minimi eventualmente prescritti dall'ente concedente. Come previsto dall’art. 182, comma 2, del Codice, per la stesura del bando è possibile seguire anche il formato dei modelli uniformi predisposti dall'Autorità di regolazione del settore, fermo restando le competenze dell’ANAC in materia di bandi tipo ai sensi dell’art. 222 del Codice stesso.
In ogni caso, nel bando deve essere precisato che i beni pubblici o a destinazione pubblica, eventualmente assegnati al concessionario, potranno essere utilizzati solo per le attività rientranti nell’oggetto della concessione e l’ente concedente può prevedere che, per l'esecuzione di una quota dei servizi accessori affidati con la medesima procedura di gara, il concessionario si avvale di operatori economici terzi. Il bando, inoltre, deve contenere l’indicazione dei requisiti tecnici funzionali che definiscono le caratteristiche per i lavori o i servizi oggetto della concessione.
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I bandi e i relativi allegati, ivi compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico-finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la congrua redditività del capitale investito. I bandi possono anche richiedere che le offerte siano corredate da manifestazioni di interesse dell’istituto finanziatore.
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L’art. 183, comma 7, del Codice prescrive che l’ente concedente può condurre liberamente negoziazioni con i candidati e gli offerenti. La norma si cura di specificare che l’oggetto della concessione, i criteri di aggiudicazione e i requisiti minimi non sono modificati nel corso delle negoziazioni.
Le negoziazioni di cui all’art. 183, comma 7, del Codice sono condotte di regola attraverso un dialogo competitivo ai sensi dell’art. 74 dello stesso Codice.
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Come previsto dall’art. 187 del Codice, l’ente concedente può procedere, per l'affidamento di tali contratti, mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici. Resta ferma la facoltà per l'ente concedente di affidare gli stessi contratti di concessione di importo inferiore alla soglia europea mediante le procedure di gara disciplinate dal Titolo II della Parte II del Libro IV.
Ai contratti di importo inferiore alla soglia europea si applicano le norme sull'esecuzione degli altri contratti di concessione.
AFFIDAMENTO IN FINANZA DI PROGETTO
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La procedura a iniziativa privata denominata “finanza di progetto” viene descritta agli artt. 193 e seg. di cui alla Parte II del Libro IV del Codice e consiste in una specifica modalità di affidamento, la quale si basa sulla formulazione da parte dell’operatore economico privato di una proposta che può, a sua volta, essere spontanea – anche per proposte non incluse nella programmazione del PPP prevista all’art. 175, comma 1, del Codice – oppure sollecitata da un avviso pubblicato su iniziativa dell’ente concedente per le proposte incluse nella programmazione del PPP.
Tale procedura si caratterizza per il riconoscimento di un diritto di prelazione, la cui attribuzione avviene in esito a una valutazione comparativa fra le proposte pervenute che si svolge nel rispetto dei commi 3- 6 del citato art. 193 del Codice (applicabili sia al caso di proposta formulata spontaneamente sia all’ipotesi di proposta formulata in risposta alla sollecitazione contenuta nell’avviso pubblico dell’ente concedente).
L’affidamento tramite finanza di progetto può essere previsto per tutti i contratti di partenariato pubblico privato, come previsto dall’art. 198, comma 1, del Codice.
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Ai sensi dell’art. 193, commi 1, 16 e 17, del Codice, gli enti concedenti possono pubblicare un avviso pubblico che solleciti la presentazione, entro un termine non inferiore a sessanta giorni, di proposte con i contenuti di cui al comma 3 del medesimo art. 193, volte a realizzare - mediante finanza di progetto - interventi inclusi negli strumenti di programmazione del partenariato pubblico-privato di cui all’art. 175, comma 1, del Codice.
Ai sensi del secondo periodo del comma 16 dell’art. 193 del Codice, gli operatori economici interessati a rispondere all'avviso pubblico possono richiedere all'ente concedente di fornire integrazioni documentali per una migliore formulazione delle proposte; le eventuali integrazioni documentali predisposte dall'ente concedente sono trasmesse all'operatore economico e sono rese disponibili a tutti gli interessati tramite pubblicazione nella sezione "Amministrazione trasparente" del proprio sito istituzionale.
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Ai sensi dell’art. 193, comma 2, del Codice, l’operatore economico può presentare all'ente concedente una preliminare manifestazione di interesse, richiedendo all’ente medesimo le informazioni e i dati necessari per la predisposizione di una proposta. Se l'ente concedente comunica all'operatore economico la sussistenza di un interesse pubblico preliminare all'elaborazione della proposta, trasmette all'operatore economico i dati e le informazioni richiesti e li rende disponibili a tutti gli interessati tramite pubblicazione nella sezione "Amministrazione trasparente" del proprio sito istituzionale
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L’operatore economico può presentare agli enti concedenti, in qualità di promotore, proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori o servizi, elaborate su iniziativa privata per la realizzazione di interventi anche non inclusi nella programmazione del PPP di cui all’articolo 175, comma 1.
Le proposte di cui sopra non sono soggette all’obbligo di preventiva presentazione di una manifestazione di interesse ai sensi del comma 2 dell’articolo 193 e alla preventiva pubblicazione di un avviso ai sensi del comma 16 del medesimo articolo.
La proposta dell’operatore economico deve presentare i contenuti essenziali dettagliati all’art. 193, comma 3, del Codice (cfr. domanda n. 52) e l’indicazione dei requisiti del promotore (cfr. domanda n. 51).
L’ente concedente, ai sensi del comma 4 dell’art. 193 del Codice, verifica l’interesse pubblico alla proposta e la relativa coerenza con la programmazione del partenariato pubblico-privato di cui all'articolo 175, comma 1, e successivamente dà notizia della presentazione della proposta nella sezione «Amministrazione trasparente» del proprio sito istituzionale, provvedendo, altresì, “ad indicare un termine, non inferiore a sessanta giorni, commisurato alla complessità del progetto, per la presentazione da parte di altri operatori economici, in qualità di proponenti, di proposte relative al medesimo intervento”.
A seguire, ai sensi dell’art. 193, comma 5, del Codice, entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle proposte da parte di altri operatori economici, l’ente concedente individua in forma comparativa, sulla base dei principi di cui al Libro I, Parte I, Titolo I del Codice e sulla base di criteri che tengano conto della fattibilità delle proposte e della corrispondenza dei progetti e dei relativi piani economici e finanziari ai propri fabbisogni, una o più proposte da sottoporre alla procedura di cui al comma 6 dell’art. 193.
L’ente concedente, ai sensi del citato comma 6 dell’art. 193, comunica agli interessati (promotore ed eventuali ulteriori proponenti) la proposta/proposte individuate e ne dà notizia sul proprio sito istituzionale, eventualmente chiedendo di apportare le modifiche necessarie per l’approvazione (cfr. domanda n. 55).
In tale fase, l'ente concedente ha altresì la facoltà di indire una conferenza di servizi preliminare ai sensi dell'articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, la quale ha tipicamente la funzione di “indicare al richiedente, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivo, le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari pareri, intese, concerti, nulla osta, autorizzazioni, concessioni o altri atti di assenso, comunque denominati”. Ai sensi del citato art. 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990 n. 241, l’indizione avviene per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi e su motivata richiesta dell’interessato.
Entro sessanta giorni, differibili fino a novanta giorni per comprovate esigenze istruttorie, l’ente concedente conclude con provvedimento motivato, pubblicato sul sito istituzionale dell'ente e comunicato ai soggetti interessati, la procedura di valutazione, che, in caso di pluralità di proposte ammesse, si svolge in forma comparativa.
Per le successive fasi di approvazione, inserimento negli strumenti di programmazione e indizione della gara si vedano le domande nn. 56, 57 e 59.
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La proposta deve contenere l’indicazione dei requisiti del promotore.
Come indicato dal comma 3 dell’art. 193 del Codice, gli investitori istituzionali e gli altri operatori economici interessati dovranno, nella successiva gara per l'affidamento dei lavori o dei servizi, associarsi o consorziarsi con altri operatori economici in possesso dei requisiti richiesti dal bando, qualora gli stessi ne siano privi.
Gli investitori istituzionali e gli altri operatori economici interessati, in sede di gara, potranno soddisfare la richiesta dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale avvalendosi, anche integralmente, delle capacità di altri soggetti e potranno, altresì, impegnarsi a subappaltare, anche integralmente, le prestazioni oggetto del contratto di concessione a imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando.
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Come prescritto dall’art. 193, comma 3, del Codice, la proposta che gli operatori economici possono presentare agli enti concedenti in relazione alla realizzazione in concessione di lavori e/o servizi deve contenere:
- un progetto di fattibilità, redatto in coerenza con l'articolo 6-bis dell'allegato I.7;
- una bozza di convenzione;
- il piano economico-finanziario asseverato, comprensivo dell’importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, ivi inclusi anche i diritti sulle opere dell'ingegno;
- la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione;
- l’indicazione dei requisiti del promotore.
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Ai sensi dell’art. 6-bis dell’Allegato I.7 al Codice, i contenuti minimi del progetto di fattibilità presentato dal promotore o dal proponente ai fini della valutazione di fattibilità delle proposte di cui all’art. 193 del Codice sono rappresentati:
per le concessioni di lavori, almeno dai seguenti elaborati:
- relazione generale;
- relazione tecnica relativa al contesto territoriale nel quale l’opera è inserita, contenente anche una descrizione dell’opera medesima; la relazione è altresì corredata dagli approfondimenti richiesti dal RUP in funzione della natura e dell’ubicazione dell’intervento;
- relazione preliminare di sostenibilità dell’opera;
- elaborati grafici tipologici delle opere (planimetrie, prospetti e sezioni tipo);
- computo metrico estimativo preliminare dell’opera, coerente con gli elaborati grafici tipologici di cui alla lettera d);
- cronoprogramma;
per le concessioni di servizi, almeno dai seguenti elaborati:
- una relazione tecnico-illustrativa, che identifica gli elementi tecnici, economici e finanziari dell’investimento e specifica i costi del servizio in rapporto alle sue componenti, come identificate nel documento di specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, nonché agli elementi evidenziati nel piano economico finanziario della proposta;
- il cronoprogramma di attuazione dei servizi.
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La norma non prevede che alla proposta debba essere allegata una cauzione.
In particolare, si registra, rispetto alla previgente disciplina di cui al D.Lgs. n. 50/2016, una semplificazione della disciplina delle garanzie che gli operatori devono prestare in sede di finanza di progetto: difatti, ai sensi della vigente normativa non è previsto alcun onere a carico del proponente di presentazione, a corredo della proposta, di garanzia (provvisoria) né di cauzione a garanzia del rimborso delle spese sostenute dal miglior offerente.
Ai sensi dell’art. 193, comma 10, del Codice, le successive offerte per la partecipazione alla gara dovranno essere corredate dalle garanzie di cui all’art. 106 del D.Lgs. n. 36/2023; l’art. 193, al comma 15, stabilisce, inoltre, che il soggetto aggiudicatario debba prestare garanzia ai sensi dell’art. 117 del D.Lgs. n. 36/2023 e che il concessionario, dalla data di inizio dell'esercizio del servizio, debba prestare una cauzione, rinnovabile annualmente, a garanzia delle penali per il mancato o inesatto adempimento degli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell'opera, da prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui al citato articolo 117.
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Ai sensi dell’art. 193, comma 6, del Codice, l’ente concedente, se necessario, invita il promotore o i proponenti ad apportare le modifiche necessarie per la loro approvazione al progetto di fattibilità, al piano economico-finanziario e allo schema di convenzione individuati sulla base della valutazione comparativa delle proposte pervenute ai sensi del comma 5 dell’art. 193.
Se il promotore o i proponenti non apportano le modifiche e le integrazioni richieste per recepire le indicazioni dell'ente concedente entro il termine dallo stesso indicato, le proposte sono respinte con provvedimento motivato.
Inoltre, il comma 7 dell’articolo 193 del Codice prevede che il progetto di fattibilità selezionato ai sensi del precedente comma 6 venga integrato, se necessario in funzione dell’oggetto dell’intervento, con gli ulteriori elaborati richiesti dall'articolo 6 dell’allegato I.7 anche ai fini della relativa sottoposizione al procedimento di approvazione ai sensi dell'articolo 38 del Codice.
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Il progetto di fattibilità tecnica ed economica per i lavori o il progetto di cui all’articolo 4-bis dell’Allegato I.7 per i servizi, una volta approvati, sono inseriti tra gli strumenti di programmazione dell’ente concedente.
All’esito dell’approvazione, il progetto di fattibilità tecnica ed economica, per gli affidamenti di lavori, ovvero il progetto di cui all'articolo 4-bis dell’Allegato I.7, per gli affidamenti di servizi, unitamente agli altri elaborati della proposta, inclusa una sintesi del piano economico finanziario, sono posti a base di gara nei tempi previsti dalla programmazione (art. 193, comma 8, del Codice).
Secondo pacifica giurisprudenza, a seguito dell’approvazione del progetto l’ente concedente riconosce all’operatore selezionato solo una aspettativa non giuridicamente tutelata, senza che l’amministrazione sia dunque tenuta a dare corso alla procedura di gara. La posizione del privato rimane, infatti, condizionata alle valutazioni di esclusiva prerogativa dell’ente pubblico in ordine all’opportunità di contrattare sulla base della proposta. Solo nell’ipotesi in cui sia intervenuta l’aggiudicazione della gara l’aspettativa di mero fatto, fino a quel punto vantata dal promotore, si trasforma in aspettativa giuridicamente tutelata alla consequenziale stipula del contratto aggiudicato.
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La gara per l’affidamento del contratto si svolge secondo le indicazioni contenute nel bando di gara predisposto dall’ente concedente.
Il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo.
Tra i criteri di aggiudicazione possono, altresì, essere presi in considerazione, in relazione alla specifica tipologia di lavoro o servizio, criteri di aggiudicazione premiali, volti a valorizzare l'apporto di ciascuna offerta agli obiettivi di innovazione, sviluppo e digitalizzazione (art. 193, comma 13).
Nei termini indicati nel bando l’ente concedente deve prendere in esame le offerte che sono pervenute, redigere una graduatoria e nominare aggiudicatario il soggetto che ha presentato la migliore offerta. A valle dell’aggiudicazione l’ente concedente deve porre in approvazione il successivo livello progettuale elaborato dall’aggiudicatario.
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Nel bando di gara l’ente concedente prevede che il promotore ovvero il proponente possa esercitare il diritto di prelazione per il caso in cui non risulti aggiudicatario (art. 193, comma 9, del Codice). Il diritto di prelazione, esteso oggi anche ai proponenti (e non soltanto al promotore), potrà essere esercitato, secondo le modalità stabilite dal comma 12 dell’art. 193, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, consentendo così al promotore o al proponente di divenire aggiudicatario alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario il quale, d’altra parte, avrà comunque diritto al pagamento, da parte del promotore o del proponente, dell’importo delle spese documentate ed effettivamente sostenute per la predisposizione dell’offerta, nel limite del 2,5% del valore dell’investimento, come risultante dal progetto di fattibilità posto a base di gara. Se il promotore o il proponente non esercita la prelazione, avrà invece diritto al pagamento, da parte del miglior offerente, delle spese per la predisposizione della proposta, sempre nei limiti di cui sopra.
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Ai sensi del comma 10 dell’art. 193, l’offerta dei concorrenti, in possesso dei requisiti previsti dal bando, deve contenere il piano economico-finanziario asseverato, la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, le varianti migliorative al progetto di fattibilità e le eventuali modifiche allo schema di convenzione posti a base di gara, secondo gli indicatori previsti nel bando.
L’offerta deve, inoltre, essere corredata delle garanzie di cui all’articolo 106 del Codice.
Si precisa che la configurazione giuridica del promotore ovvero del proponente può essere modificata e integrata sino alla data di scadenza della presentazione delle offerte.
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L’asseverazione è una dichiarazione che attesta la coerenza complessiva del PEF, tenendo in considerazione il valore complessivo dell’investimento, la durata della concessione, il tempo previsto per l’esecuzione dell’intervento e l’avvio della gestione, la struttura dei costi e dei ricavi e la struttura finanziaria. L’asseverazione non è di norma finalizzata alla verifica di merito dei dati.
L’art. 193 del Codice fa riferimento al piano economico-finanziario asseverato, e non semplicemente al PEF, in linea con il previgente D.Lgs. n. 50/2016, il cui art. 183 (sempre a proposito di finanza di progetto) prevedeva che le offerte/proposte dovessero contenere anche un PEF asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall'istituto di credito stesso ed iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966. Il Codice, a differenza del previgente, non contiene alcuna indicazione circa i soggetti cui è demandata l’asseverazione.
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La società di scopo è la società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile, costituita dal soggetto aggiudicatario del contratto affidato nella forma della finanza di progetto di cui all’art. 193 del Codice.
Nella finanza di progetto, il bando che disciplina la procedura di aggiudicazione del contratto prevede che la costituzione della società di scopo sia obbligatoria per gli affidamenti di importo superiore alla soglia di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), del Codice; al di sotto di tale soglia la costituzione è facoltativa.
Ai sensi dell’art. 198, comma 2, del Codice, la società di scopo costituisce strumento facoltativamente utilizzabile dagli operatori economici aggiudicatari di contratti di partenariato pubblico privato, anche al di fuori della finanza di progetto.
La società di scopo subentra nel rapporto di concessione senza che ciò configuri cessione del contratto e senza necessità di approvazione o autorizzazione amministrativa. Per effetto del subentro la società di scopo diventa, invero, la concessionaria a titolo originario e sostituisce l’aggiudicatario in tutti i rapporti con l’ente concedente.
In caso di concorrente costituito da più soggetti, nell'offerta è indicata, a pena di esclusione, la quota di partecipazione al capitale sociale di ciascun soggetto. I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società di scopo si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso in cui siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, originari o subentrati, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari.
Il contratto stabilisce le modalità per l'eventuale cessione delle quote della società di scopo, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. L'ingresso nel capitale sociale della società di scopo e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali, di cui all'articolo 193, comma 1, quarto periodo, che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione, possono tuttavia avvenire in qualsiasi momento.
Il contratto disciplina altresì le modalità di sostituzione dei soci della società di scopo che, nel corso dell'esecuzione del contratto, perdano i requisiti di qualificazione.
La società di scopo, ai sensi dell’art. 195 del Codice, può emettere obbligazioni e titoli di debito anche in deroga al regime ordinario dettato dal Codice civile con riferimento alle società di capitali, purché destinati alla sottoscrizione da parte di investitori qualificati.
LA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO
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In via generale, il soggetto aggiudicatario della gara deve eseguire in proprio il contratto di PPP. Nelle società di scopo di cui all’art. 194 del D. Lgs. n. 36/2023 i lavori da eseguire e i servizi da prestare si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso in cui siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, originari o subentrati, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari (si veda l’art. 194, comma 2, del Codice).
È poi ammesso dall’art. 188 del Codice il ricorso da parte del concessionario al subappalto (i.e. contratto con il quale il concessionario affida a terzi l’esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di partenariato pubblico privato), secondo le disposizioni in materia di appalto, di cui all’art. 119 del medesimo Codice.
In base all’art. 182 del Codice, nel bando l’ente concedente può altresì prevedere che, per l’esecuzione di una quota dei servizi accessori affidati con la medesima procedura di gara, il concessionario si avvalga di operatori economici terzi.
Nel caso in cui i concessionari siano essi stessi stazioni appaltanti la regola è quella per cui agli appalti dagli stessi affidati si applichino le disposizioni del Codice.
Il Codice ha previsto, infine, all’art. 186, comma 2, un obbligo di esternalizzazione per i titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici - ad esclusione delle concessioni afferenti ai settori speciali disciplinati dal Libro III - già in essere alla data di entrata in vigore del medesimo Codice, di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, e non affidate conformemente al diritto dell’Unione europea vigente al momento dell'affidamento o della proroga. In tale caso i concessionari affidano, mediante procedura ad evidenza pubblica, una quota tra il 50 per cento e il 60 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture stabilita convenzionalmente dal concedente e dal concessionario; l'ente concedente tiene conto delle dimensioni economiche e dei caratteri dell'impresa, dell'epoca di assegnazione della concessione, della sua durata residua, del suo oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti effettuati.
L’affidamento avviene mediante procedura ad evidenza pubblica, con la previsione di clausole sociali per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità.
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L’art. 190 del Codice - rubricato “Risoluzione e recesso” - contiene una disciplina speciale per il caso di cessazione, revoca d'ufficio, risoluzione per inadempimento del contratto di PPP e subentro del nuovo concessionario e degli enti finanziatori.
In particolare, ai sensi del comma 1 della suddetta disposizione, l’ente concedente può dichiarare risolta la concessione in corso di rapporto se una o più delle seguenti condizioni si verificano:
- la concessione ha subìto una modifica che avrebbe richiesto una nuova procedura di aggiudicazione della concessione;
- il concessionario si trovava, al momento dell'aggiudicazione della concessione, in una delle situazioni che comportano l'esclusione dalla procedura di aggiudicazione della concessione;
- la Corte di giustizia dell'Unione europea constata, in un procedimento ai sensi dell'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che uno Stato membro ha violato uno degli obblighi su lui incombenti in virtù dei trattati europei per il fatto che un ente concedente appartenente allo Stato membro in questione ha aggiudicato la concessione in oggetto senza adempiere gli obblighi previsti dai trattati europei e dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014.
Con riferimento alla risoluzione della concessione per inadempimento dell'ente concedente o del concessionario si deve fare riferimento, ai sensi del comma 2 dell’art. 190 del Codice, alle disposizioni del Codice civile (articoli 1453 c.c. e seguenti). Per tali ipotesi, il contratto deve prevedere una clausola penale di predeterminazione del danno e i criteri per il calcolo dell'indennizzo.
L'ente concedente può, inoltre, recedere dal contratto di concessione per motivi di pubblico interesse.
Infine, ai sensi dell’art. 192, comma 1, del Codice, al verificarsi di eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, ivi compreso il mutamento della normativa o della regolazione di riferimento, purché non imputabili al concessionario, che incidano in modo significativo sull'equilibrio economico-finanziario dell'operazione, il concessionario può chiedere la revisione del contratto nella misura strettamente necessaria a ricondurlo ai livelli di equilibrio e di traslazione del rischio pattuiti al momento della conclusione del contratto: il comma 4 della predetta norma prescrive che, in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico-finanziario, le parti possono recedere dal contratto, con diritto del concessionario alla corresponsione degli importi di cui all’art. 190, comma 4, lettere a) e b), del Codice, a esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.
Senza pregiudizio per il pagamento delle somme dovute, in tutti i casi di cessazione del rapporto concessorio diversi dalla risoluzione per inadempimento del concessionario, questi ha il diritto di proseguire nella gestione ordinaria dell'opera, incassandone i ricavi da essa derivanti, sino all'effettivo pagamento delle suddette somme, fatti salvi gli eventuali investimenti improcrastinabili individuati dal concedente unitamente alle modalità di finanziamento e di ristoro dei correlati costi (art. 190, comma 6).
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In caso di recesso dell’ente concedente dal contratto di concessione per motivi di pubblico interesse, al concessionario sono rimborsati (art. 190, comma 4, del Codice):
- il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, oppure, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;
- i costi sostenuti o da sostenere in conseguenza del recesso, ivi inclusi gli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse;
- un indennizzo a titolo di mancato guadagno compreso tra il minimo del 2 per cento ed il massimo del 5 per cento degli utili previsti dal piano economico-finanziario, in base ad una valutazione che tenga conto delle circostanze, della tipologia di investimenti programmati e delle esigenze di protezione dei crediti dei soggetti finanziatori. In ogni caso i criteri per l'individuazione dell'indennizzo devono essere esplicitati in maniera inequivocabile nell'ambito del bando di gara ed indicati nel contratto, tenuto conto della tipologia e dell'oggetto del rapporto concessorio, con particolare riferimento alla percentuale, al piano economico-finanziario e agli anni da prendere in considerazione nel calcolo.
Tutte le somme sopra indicate sono destinate, prioritariamente, al soddisfacimento dei crediti dei finanziatori del concessionario e dei titolari di titoli emessi.
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Il subentro nel contratto si ha ogni qual volta un soggetto diverso dall’aggiudicatario prenda il posto di questi in corso di esecuzione.
Questo può avvenire nei casi che possono comportare la risoluzione del rapporto concessorio per cause imputabili al concessionario: in tali ipotesi, ai sensi del comma 3 dell’art. 190 del Codice, l'ente concedente deve comunicare per iscritto l'intenzione di risolvere il rapporto sia al concessionario sia agli enti finanziatori, i quali - entro centoventi giorni dal ricevimento della comunicazione - possono indicare un operatore economico che subentri nella concessione avente caratteristiche tecniche e finanziarie corrispondenti a quelle previste nel bando di gara o negli atti in forza dei quali la concessione è stata affidata, con riguardo allo stato di avanzamento dell'oggetto della concessione alla data del subentro. L'operatore economico subentrante assicura la ripresa dell'esecuzione della concessione e l'esatto adempimento originariamente richiesto al concessionario sostituito entro il termine indicato dall'ente concedente, con la precisazione che il subentro dell'operatore economico ha effetto da quando l'ente concedente presta il consenso.
L’articolo 191 del Codice prevede inoltre che, alla scadenza del periodo di affidamento e in conseguenza del nuovo affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali essenziali per la prosecuzione del servizio, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, siano assegnati al nuovo gestore. Analogamente si procede in caso di cessazione anticipata.
Sono altresì ceduti al nuovo gestore i beni strumentali realizzati in attuazione dei piani di investimento concordati con l’ente concedente.
Fatte salve le discipline di settore, nel caso di durata dell’affidamento inferiore rispetto al tempo di recupero dell’ammortamento oppure di cessazione anticipata, per causa non attribuibile al concessionario, si prevede, a carico del gestore subentrante, un indennizzo pari al valore contabile non ancora ammortizzato, rivalutato attraverso pertinenti deflatori fissati dall’ISTAT e al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili agli investimenti stessi. I criteri di determinazione dell’indennizzo sono indicati nel bando o nella lettera di invito relativi alla gara indetta per il successivo affidamento a seguito della scadenza o della cessazione anticipata della gestione.
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L’articolo 192 del Codice prevede che, al verificarsi di eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, ivi compreso il mutamento della normativa o della regolazione di riferimento (in modo da tutelare l’operatore privato dal cd. rischio regolatorio), purché non imputabili al concessionario, tale ultimo possa chiedere all’ente concedente la revisione del contratto, sempre che tali eventi incidano in modo significativo sull’equilibrio economico-finanziario dell’operazione.
L’alterazione dell’equilibrio economico-finanziario dovuta a eventi diversi da quelli sopra contemplati e rientranti nei rischi allocati alla parte privata resta a carico di quest’ultima.
La revisione contrattuale è ammessa nella misura strettamente necessaria a ricondurre il contratto ai livelli di equilibrio e di traslazione del rischio pattuiti al momento della conclusione del contratto.
Il medesimo articolo 192 sancisce i limiti alla revisione del contratto, al fine di evitare l’attenuazione del rischio operativo in capo al concessionario, oltre che a tutela della concorrenza. Si prevede, pertanto, il divieto di concordare modifiche che alterino la natura della concessione o modifiche sostanziali che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione.
Il comma 3 dell’art. 192 individua, per le revisioni di contratti di concessione relative ad opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato, la necessità di espressione di parere non vincolante del NARS (cfr. domande nn. 5 e 9). L'ente concedente, fuori dai casi precedenti, può sottoporre le revisioni al parere del NARS (cfr. domande nn. 6 e 9). Qualora l’ente concedente intenda discostarsi dal parere reso, è tenuto a darne adeguata motivazione, dando conto delle ragioni della decisione e indicando, in particolare, la modalità di contabilizzazione adottata.
In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti possono recedere dal contratto. In tal caso, al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all’articolo 190, comma 4, lettere a) e b), del Codice e dunque: i) il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, oppure, nel caso in cui l’opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario; ii) i costi sostenuti o da sostenere in conseguenza del recesso. È escluso espressamente il rimborso degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.
ALTRE DISPOSIZIONI IN AMBITO PPP
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La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità è disciplinata dall’art. 196 del Codice, secondo cui gli enti concedenti possono stipulare contratti di locazione finanziaria (leasing) per la realizzazione, l’acquisizione e il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità.
Attraverso tale operazione la società di locazione finanziaria acquista da un operatore economico un bene esistente o da realizzare e lo cede in godimento, per un determinato periodo di tempo, alla pubblica amministrazione, a fronte del pagamento di un canone periodico fisso e comprensivo di eventuali servizi accessori. L'adempimento delle obbligazioni dell'ente concedente resta in ogni caso condizionato all'esito positivo del collaudo, ovvero della verifica di conformità in ordine alla gestione funzionale dell'opera secondo le modalità stabilite. Il soggetto aggiudicatario assicura la corretta manutenzione del bene sino al momento del riscatto.
L’opera oggetto del contratto di locazione finanziaria può seguire il regime di opera pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi a condizione che, nel contratto medesimo, sia stabilito che al termine del periodo di locazione il committente è obbligato al riscatto. L’ente concedente può concedere il diritto di superficie sull’area pubblica dove realizzare l’opera, che può altresì essere realizzata su area nella disponibilità dell’aggiudicatario.
Per l’aggiudicazione del contratto, l’ente concedente pone a base di gara almeno un progetto di fattibilità, comprensivo del piano finanziario. L’aggiudicatario predisporrà i successivi livelli progettuali ed eseguirà l’opera.
Nel caso in cui l’offerente sia una associazione temporanea di imprese costituita da un soggetto finanziatore e da uno o più soggetti realizzatori, ciascuno di essi è responsabile in relazione alla specifica obbligazione assunta, in deroga al principio di solidarietà tra gli operatori economici raggruppati sancito dall’art. 68 del Codice.
Uno o più soggetti costituenti l’associazione temporanea, in caso di apertura della liquidazione giudiziale, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all’adempimento dell’obbligazione, possono essere sostituiti in fase di gara o di esecuzione con altri soggetti aventi medesimi requisiti e caratteristiche, e l’ente concedente può negare l’assenso solo nelle ipotesi in cui il soggetto indicato a subentrare non sia in possesso dei necessari requisiti soggettivi e oggettivi.
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Lo schema della locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità è tipicamente trilaterale, coinvolgendo: il locatore (impresa finanziaria), che mette a disposizione le risorse finanziarie necessarie per realizzare l’opera a fronte del pagamento di un canone; il locatario, ossia l’esecutore, chiamato a realizzare l’opera e, infine, l’utilizzatore del bene (l’ente concedente/amministrazione), che è beneficiario dell’operazione di leasing e paga il canone.
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Il contratto di disponibilità è definito dall’art. 2, comma 1, lett. i), dell’allegato l.1 del Codice, così come novellato dal Correttivo. Tale disposizione fa riferimento, nello specifico, al “contratto con il quale un operatore economico si obbliga, verso un corrispettivo, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, a realizzare, riqualificare o rifunzionalizzare e a concedere in godimento all'amministrazione aggiudicatrice un'opera, destinata ad uso pubblico o di interesse pubblico. L'operatore economico garantisce il miglior godimento dell'opera, mantenendola in stato da servire all'uso convenuto ed eliminandone a proprie spese i vizi, anche sopravvenuti”. Nella stessa definizione il legislatore precisa che “il contratto può prevedere il trasferimento della proprietà dell'opera all'amministrazione, verso il pagamento di un corrispettivo ulteriore” nonché che “per la conclusione e l'esecuzione del contratto di disponibilità l'amministrazione può fare ricorso a fondi comuni di investimento o società immobiliari e può prevedere il conferimento da parte dell'amministrazione di immobili in tali fondi o in tali società, a titolo di corrispettivo totale o parziale, tenuto conto del relativo valore di mercato, da riqualificare mediante l'utilizzo di risorse finanziarie private e da destinare ad uso pubblico o di interesse pubblico”.
L'art. 197, comma 1, del Codice prevede, altresì, che “Le parti determinano il contenuto del contratto di disponibilità nei limiti imposti dalle disposizioni di cui al presente articolo, tenendo conto dei bandi-tipo predisposti dall'ANAC e dei contratti-tipo predisposti dal DIPE, di concerto con l'Autorità di regolazione di settore e con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato”. Il comma 9 dispone poi che l’ente concedente rediga, unitamente al bando o all'avviso, avvalendosi anche dei bandi-tipo e dei contratti-tipo dell’ANAC, un capitolato che indica le caratteristiche specifiche dell'opera, i criteri di determinazione e di riduzione del corrispettivo e i modi di prestazione di garanzie e cauzioni, anche funzionali ad assicurare l'esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali.
L’ente concedente, nei modi previsti dal contratto, ha il diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificare, prima della consegna, l’opera compiuta, eventualmente proponendo le necessarie modificazioni e varianti, sempre che queste non alterino caratteristiche specifiche dell'opera indicate nel capitolato prestazionale.
L’art. 197 del Codice prevede una specifica ripartizione del rischio operativo, salvo diversa determinazione contrattuale, atteso che all’ente concedente è allocato solo il rischio del mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni o altro atto amministrativo incidente sul compimento o sulla gestione tecnica dell’opera (comma 4), mentre il rischio del mancato o ritardato rilascio di atti di approvazione da parte delle autorità competenti, relativi alla progettazione e alle eventuali varianti in corso d’opera, è a carico dell’operatore economico (comma 5).
Le varianti in corso d'opera sono comunicate dall’operatore economico all’ente concedente al fine di consentire a quest’ultimo di opporsi quando alterino le caratteristiche specifiche dell’opera indicate nel capitolato prestazionale. L’ente concedente può attribuire all'operatore economico la qualità di autorità espropriante, con il potere di espropriare e di curare il relativo procedimento.
Il contratto determina i casi e i modi di sua modificazione (anche attraverso la riduzione del canone di disponibilità), idonei a ricondurlo a equità, pure tenendo conto della esigenza di tutelare i creditori.
Al termine del periodo di durata contrattuale, l’ente concedente che ha goduto del bene ha il diritto (a sua scelta) di riscattarlo, ottenendone il trasferimento in proprietà, dietro il pagamento di un prezzo.
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Ai sensi dell’art. 197, commi 2 e 3, del Codice, l’affidatario del contratto di disponibilità è retribuito mediante:
- un canone di disponibilità, commisurato all’effettivo periodo per il quale l’operatore economico ha garantito il godimento dell’opera, sempre che il mancato o ridotto godimento non rientri nei rischi a carico dell’ente concedente (se non è diversamente convenuto tra le parti, il rischio del mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni oppure di ogni altro atto amministrativo incidente sul compimento o sulla gestione tecnica dell’opera) (comma 2).
Quando è convenuto il trasferimento della proprietà dell'opera all'ente concedente il corrispettivo si compone anche di:
- un eventuale contributo in corso d’opera, non superiore al 50% del costo di costruzione;
- un prezzo di trasferimento dell’opera, da versare al termine del contratto, parametrato al valore di mercato residuo della stessa, tenuto conto dei corrispettivi già versati (canone di disponibilità ed eventuale contributo in corso d’opera) (comma 3).
Ai sensi del comma 7, il contratto determina altresì i modi di attribuzione alle parti degli eventuali oneri sopravvenuti, incidenti sul corrispettivo pattuito per il compimento e la gestione dell’opera, derivanti da disposizioni normative o da provvedimenti dell’autorità.
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Il Contratto di prestazione energetica (anche noto nell’accezione di “energy performance contract” o di “contratto di rendimento energetico”) è il contratto che implica il necessario coinvolgimento di un fornitore (esperto nella fruizione di servizi di efficientamento energetico, normalmente una Energy Saving Company, o ESCo) che si obbliga – con proprio know-how, con proprie risorse e spesso con propri mezzi finanziari – a compiere una serie di servizi ed interventi integrati volti a riqualificare, in senso energeticamente efficiente, impianti o edifici di un altro soggetto (il c.d. beneficiario), dietro un corrispettivo proporzionale ai risultati conseguiti in termini di risparmio energetico lungo la durata del contratto. Il livello minimo di risparmio energetico conseguibile è già previsto dalle parti in sede di predisposizione del contratto. Gli elementi contrattuali vengono, a loro volta, individuati solo a seguito di un’analisi di fattibilità.
L’EPC è quindi un contratto a prestazioni multiple (lavori, servizi e forniture) con garanzia di risultato che consente al beneficiario di ottenere un risparmio energetico ed al fornitore di ripagare l’intervento nel tempo grazie ai flussi di cassa generati dalla riqualificazione energetica.
Gli obiettivi che si propone un contratto di EPC sono:
- L’incremento dell’efficienza energetica, in particolare con la riduzione dell’utilizzo e del consumo di energia, nel rispetto di adeguate condizioni di comfort negli ambienti serviti, quindi minor consumo a parità di servizio reso;
- La riduzione dell’investimento iniziale sostenuto dal cliente per la realizzazione dell’intervento;
- La definizione di un canone calcolato in funzione del risparmio minimo garantito e variabile in caso del mancato raggiungimento di tale risparmio.
L’elemento caratterizzante il contratto EPC è la misura dei risparmi, perché da esso dipenderà il canone da corrispondere alla ESCo. La remunerazione per la parte privata risulta strettamente connessa ai risultati raggiunti in termini di risparmio ed efficienza energetica, contemplando un c.d. rischio di performance: da qui l'esigenza di avere una chiara “baseline energetica” che definisca il consumo iniziale, sulla scorta della Diagnosi Energetica redatta dall’ente concedente e allegata alla documentazione di gara, idonea a rappresentare le condizioni energetiche di partenza, sulla base della quale verrà valutato il risparmio energetico conseguito e parametrato il canone (con correlata decurtazione di quest'ultimo “nel caso di mancato raggiungimento del risparmio energetico”).
L’art. 200 del Codice prevede sul punto che “Nel caso di contratti di rendimento energetico o di prestazione energetica (EPC), i ricavi di gestione dell'operatore economico sono determinati e pagati in funzione del livello di miglioramento dell'efficienza energetica o di altri criteri di prestazione energetica stabiliti contrattualmente, purché quantificabili in relazione ai consumi. La misura di miglioramento dell'efficienza energetica, calcolata secondo le norme in materia di attestazione della prestazione energetica degli immobili e delle altre infrastrutture energivore, è resa disponibile all'ente concedente a cura dell'operatore economico e deve essere verificata e monitorata durante l'intera durata del contratto, anche avvalendosi di apposite piattaforme informatiche adibite per la raccolta, l'organizzazione, la gestione, l'elaborazione, la valutazione e il monitoraggio dei consumi energetici”. L’Amministrazione individua l’operatore economico nel rispetto della disciplina di cui al Codice con una procedura a iniziativa pubblica oppure a iniziativa privata (disciplinate, rispettivamente, dall’art. 182 e dall’art. 193 del medesimo Codice).
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A livello europeo, la normativa di riferimento per gli EPC e per l’efficientamento energetico della pubblica amministrazione è costituita dalla Direttiva UE n. 1791/2023 e dalla Direttiva 2012/27/UE. Con particolare riferimento all’Italia, il D.Lgs. n. 102/2014 (recante “Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica”) ha recepito la Direttiva 2012/27/UE, mentre si è in attesa del decreto di recepimento della Direttiva UE n. 1791/2023.
L’Allegato n. 8 del D.Lgs. n. 102/2014 (in linea con l’Allegato XIII alla direttiva 2012/27/UE) elenca gli elementi minimi che devono figurare nei contratti di rendimento energetico sottoscritti con il settore pubblico o nel relativo capitolato, ossia:
- un elenco chiaro e trasparente delle misure di efficienza da applicare o dei risultati da conseguire in termini di efficienza;
- i risparmi garantiti da conseguire applicando le misure previste dal contratto;
- la durata e gli aspetti fondamentali del contratto, le modalità e i termini previsti;
- un elenco chiaro e trasparente degli obblighi che incombono su ciascuna parte contrattuale;
- data o date di riferimento per la determinazione dei risparmi realizzati;
- un elenco chiaro e trasparente delle fasi di attuazione di una misura o di un pacchetto di misure e, ove pertinente, dei relativi costi;
- l’obbligo di dare piena attuazione alle misure previste dal contratto e la documentazione di tutti i cambiamenti effettuati nel corso del progetto;
- disposizioni che disciplinino l’inclusione di requisiti equivalenti in eventuali concessioni in appalto a terze parti;
- un’indicazione chiara e trasparente delle implicazioni finanziarie del progetto e la quota di partecipazione delle due parti ai risparmi pecuniari realizzati;
- disposizioni chiare e trasparenti per la quantificazione e la verifica dei risparmi garantiti conseguiti, controlli della qualità e garanzie;
- disposizioni che chiariscono la procedura per gestire modifiche delle condizioni quadro che incidono sul contenuto e i risultati del contratto (a titolo esemplificativo: modifica dei prezzi dell’energia);
- informazioni dettagliate sugli obblighi di ciascuna delle parti contraenti e sulle sanzioni in caso di inadempienza.
È stato poi approvato, con Delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione n. 349 del 17 luglio 2024, con Determina del Ragioniere Generale dello Stato del 22 luglio 2024 e con Nota del Presidente di Enea prot. n. 51288 dell’11 luglio 2024, il “Contratto tipo di rendimento energetico o di prestazione energetica (Energy Performance Contract) per gli edifici pubblici”, che costituisce uno strumento di ausilio e di supporto non vincolante alle Amministrazioni nella redazione di un contratto di EPC.
Infine, va osservato che nell’esecuzione del contratto EPC devono essere rispettati i “Criteri Ambientali Minimi per l’affidamento integrato di un contratto a prestazione energetica (EPC) di servizi energetici per i sistemi edifici-impianti (CAM EPC)” di cui al decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica 12 agosto 2024, pubblicato nella G.U. n. 202 del 29 agosto 2024 e in vigore dal 27 dicembre 2024.
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Generalmente, la parte contrattuale che assume il rischio dell’intervento di efficienza energetica è il fornitore (così, ad esempio, nel caso in cui il fornitore del servizio di efficientamento energetico sia una ESCo - Energy Service Company), e non l’Ente beneficiario. Anzi, il fornitore generalmente “scommette” proprio sul conseguimento del risparmio energetico e, in base allo stesso, ottiene il proprio guadagno. Tenuto conto di ciò, i contratti di prestazione energetica contengono clausole che prevedono penali a carico del fornitore del servizio in caso di mancato ottenimento del livello minimo di risparmio concordato tra le parti. Tali contratti possono anche prevedere “bonus” a favore del fornitore, da applicare qualora si conseguano risultati migliori di quelli previsti. Il fornitore non dovrebbe rispondere di norma dei livelli di risparmio che non siano stati conseguiti per cause a lui non imputabili (es: per condotte energeticamente poco efficienti dei dipendenti del soggetto beneficiario).
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Una comunità energetica rinnovabile (CER) è un soggetto giuridico i cui componenti possono essere cittadini, piccole e medie imprese (per le quali la partecipazione alla CER non costituisca l'attività commerciale e industriale principale), enti territoriali e autorità locali, incluse le amministrazioni comunali, le associazioni con personalità giuridica di diritto privato, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale, con l’obiettivo di condividere, attraverso un consumo su scala locale, l'energia elettrica prodotta da impianti da fonte rinnovabile.
La normativa italiana di riferimento sulle comunità energetiche rinnovabili è costituita dall’articolo 42-bis del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8 (al quale si riferiscono le delibere 318/2020/R/eel e 727/2022/R/eel dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MISE), e dal D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 199, che ha dato attuazione in Italia alla Direttiva Europea RED II sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 199/2021, il MASE ha pubblicato il DM 7 dicembre 2023 recante le modalità di incentivazione per sostenere l’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile e i criteri e le modalità per la concessione dei contributi previsti dalla Missione 2, Componente 2, Investimento 1.2 (Promozione rinnovabili per le comunità energetiche e l’autoconsumo) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
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L’Amministrazione che intende promuovere una Comunità Energetica Rinnovabile ha la facoltà di affidare a un soggetto terzo (ad esempio una ESCo) la realizzazione, gestione e manutenzione del relativo impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili e delle infrastrutture di misurazione; in particolare, la stessa, non potendo o non volendo finanziare, in tutto o in parte, i lavori per la realizzazione dell’impianto da mettere a disposizione della CER, può ricorrere a schemi partenariali per il medesimo fine.
In un’operazione di PPP, il concessionario (che può anche essere una ESCo) può apportare le proprie competenze sia nelle fasi di progettazione, realizzazione, fornitura, manutenzione e gestione degli impianti a servizio della CER, ivi compresa nella contabilizzazione energetica e nella rendicontazione al GSE – in quanto attività necessarie ai fini dell’accesso agli incentivi –, sia in quella di costituzione della CER medesima.
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Dal 1° gennaio 2023 è entrato in vigore il D. Lgs. 28 febbraio 2021, n. 38, di attuazione dell’art. 7 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante “Misure in materia di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi”, che aggiorna la precedente normativa in materia di ammodernamento e costruzione di impianti sportivi, semplificando l'iter per l'approvazione dei progetti di iniziativa privata e, ai fini della fattibilità tecnico-finanziaria, ampliando le possibilità di intervento pubblico. Lo stesso è stato poi modificato dal D.Lgs. 29 agosto 2023, n. 120, recante “Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 28 febbraio 2021, nn. 36, 37, 38, 39 e 40”, entrato in vigore in data 5 settembre 2023.
Tale disciplina - a carattere speciale - fa riferimento, sotto più profili (sia sostanziali sia procedurali), alle norme e ai principi in tema di PPP contenuti nel D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, i quali - in forza del rinvio dinamico operato dall’art. 226, co. 5, del Codice - devono ora intendersi riferiti alle corrispondenti norme e ai corrispondenti principi del medesimo Codice contenente la disciplina delle procedure e dei contratti di PPP oggi vigente.
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La Parte VII (Disposizioni particolari per alcuni contratti dei settori ordinari) del Libro II del Codice detta specifiche norme concernenti la disciplina dei contratti nel settore dei beni culturali (articoli 132-134). In particolare, l’art. 134, comma 2, (che riprende l’impianto dell’art. 151, comma 3, del previgente D.Lgs. n. 50/2016) prevede che - per assicurare la fruizione del patrimonio culturale della nazione e favorire altresì la ricerca scientifica applicata alla sua tutela o alla sua valorizzazione - lo Stato, le regioni e gli enti territoriali possono, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, attivare forme speciali di partenariato (PSPP) con enti e organismi pubblici e con soggetti privati, dirette a consentire il recupero, il restauro, la manutenzione programmata, la gestione, l'apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione di beni culturali, attraverso procedure semplificate di individuazione del partner privato analoghe o ulteriori rispetto a quelle previste dall'articolo 8.
La finalità della norma è quella di promuovere forme di cooperazione tra pubblico e privato per finanziare, recuperare e gestire beni culturali, garantendo procedure snelle nell’attuazione delle singole ipotesi di intervento in quanto dirette all’attuazione dell’interesse pubblico volto alla crescita culturale della collettività (cfr. Delibera ANAC del 21/11/2023, n. 538).
Il comma 4 del citato art. 134 disciplina i contratti di sponsorizzazione, già previsti all’art. 19 del D.Lgs. n. 50/2016, prevedendo forme semplificate di affidamento.
L’istituto del PSPP risulta, quindi, atipico e riferibile a collaborazioni, non necessariamente strutturate in forme contrattuali o associative, dai molteplici contenuti (ad esempio: la fornitura di servizi di progettazione, l’assistenza museale, l’allestimento e presentazione di istituti e luoghi della cultura per la pubblica fruizione, la consulenza organizzativa, etc.), dirette a consentire il recupero, il restauro, la manutenzione programmata, la gestione, l'apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione di beni culturali.
Attraverso il PSPP si attua un processo condiviso di valorizzazione dei beni culturali che consente di co-progettare non solo i servizi, ma anche le scelte strategiche di gestione inerenti alla valorizzazione dei beni culturali, affidando al partner (generalmente) privato i compiti operativi in un quadro di indirizzo condiviso tra pubblico e privato.
Il Codice innova la disciplina del Partenariato Speciale Pubblico Privato estendendolo anche ai beni mobili, superando così la limitazione alla valorizzazione dei beni culturali contenuta nel D.Lgs. n. 50/2016, che si riferiva solo ai beni immobili.
Oltre alla atipicità di struttura e contenuti, il partenariato speciale pubblico privato in materia di beni culturali si caratterizza per la previsione di procedure semplificate di individuazione del partner privato, ispirate a regole negoziali, analoghe o anche ulteriori rispetto a quanto previsto per le sponsorizzazioni.
L’istituto, che si fonda su una finalità di interesse generale (tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale pubblico), si pone al di fuori dello schema del partenariato pubblico privato contrattuale così come descritto e disciplinato dal Libro IV del Codice dei contratti pubblici, differenziandosene sotto diversi aspetti, e non ne condivide, dunque, la disciplina generale. Tra le forme di collaborazione più diffuse riconducibili al PSPP sono annoverabili gli accordi (protocolli d’intesa) tra pubbliche amministrazioni e fondazioni bancarie.
ELEMENTI DI VALUTAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA
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L’Analisi Costi Benefici (ACB) è una tecnica usata per valutare la convenienza economico-sociale di eseguire un investimento sul territorio in funzione degli obiettivi che si vogliono raggiungere.
L’ACB è pertanto un set di regole operative, volte a guidare le scelte del decisore pubblico tra ipotesi alternative d’intervento. L’ACB permette di valutare, a partire dagli esiti dell’analisi finanziaria, in termini monetari, tutti gli svantaggi (costi) e tutti i vantaggi (benefici) che l’investimento genera in relazione ad uno specifico bacino di riferimento.
L’obiettivo è giungere alla comparazione di benefici e costi associati alla realizzazione di un progetto, per determinare se il progetto produce un incremento (o riduzione) nel livello di benessere di una collettività, tale da consigliarne (o sconsigliarne) la realizzazione.
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L’Analisi di Fattibilità Finanziaria di un’opera pubblica o di pubblica utilità utilizza le metodologie dell’analisi finanziaria per esprimere un giudizio sull’equilibrio economico finanziario degli investimenti e della connessa gestione (cfr. domanda n. 83) di un progetto, tenendo in considerazione anche le sue diverse modalità di finanziamento.
Il primo passo dell’analisi consiste nella quantificazione dei flussi di cassa associati al progetto. Si procede, pertanto, a stimare i flussi monetari futuri generati da un investimento tramite l’aggregazione delle voci del bilancio aziendale in un piano di conti integrato (Piano Economico Finanziario - cfr. domande nn. 80, 81 e 82). L’obiettivo di tale analisi è quello di stabilire se il progetto sarà in grado di generare un sufficiente flusso di cassa tale da coprire le uscite finanziarie nel momento in cui si verificano, o se, al contrario, il progetto rischia l'insolvenza e, nondimeno, quello di valutare le condizioni di sostenibilità finanziaria e di rendimento economico dell’investimento.
Il metodo più comunemente utilizzato per aggregare i valori dell'analisi finanziaria è quello dei flussi monetari scontati (Discounted Cash Flow Method) in cui si imputano tutti gli effettivi e futuri esborsi o ricavi monetari generati dal progetto nell'arco di vita, che vengono poi aggregati mediante un appropriato fattore di sconto.
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Il Piano Economico Finanziario (PEF) è il documento che racconta la vita del progetto e ne mostra la sua convenienza e sostenibilità dal punto di vista economico-finanziario.
Il PEF contiene la previsione di ricavi e costi derivanti dall’operazione; a questi dati se ne accompagnano molti altri, sempre di natura economico-finanziaria, atti a dimostrare la redditività e la bancabilità del progetto.
Il PEF, da asseverare ove dettato dalla legislazione vigente, ha la funzione di verificare l’equilibrio economico finanziario di un progetto.
Tale documento è costituito da tre prospetti: conto economico, stato patrimoniale e prospetto dei flussi di cassa. I prospetti sono accompagnati da una relazione che ne descrive le caratteristiche principali, gli assunti alla base e i risultati.
Il PEF contiene, inoltre, gli indicatori di sintesi di redditività e bancabilità dell’iniziativa, quali ad esempio Valore Attuale Netto (VAN) di progetto, Tasso Interno di Rendimento (TIR) di progetto, VAN azionisti, TIR azionisti, Debt Service Cover Ratio (DSCR) e Loan Life Cover Ratio (LLCR).
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Per una corretta redazione di un PEF è necessario elaborare un’approfondita analisi dei seguenti dati di input:
- ipotesi relative alla tempistica (anno di inizio costruzione, anno di fine costruzione, anno di fine concessione, etc.);
- ipotesi tecniche (costi di investimento);
- ipotesi del piano di ammortamento dei costi di investimento;
- ipotesi di gestione operativa (ricavi operativi, costi operativi, utenze, tariffe, etc.);
- ipotesi di gestione finanziaria (tasso d’interesse, linee di credito, margini sul tasso d’interesse, commissioni bancarie, fattore di sconto, struttura finanziaria, contributo pubblico, etc.);
- ipotesi fiscali (imposizione fiscale, metodi e aliquote d’ammortamento);
- ipotesi su riserve (riserva legale, riserva di cassa, riserva di cassa a servizio del debito);
- ipotesi relative al capitale circolante (tempi medi di pagamento e incassi).
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Il Conto Economico (CE) previsionale sintetizza la redditività di una nuova iniziativa imprenditoriale, evidenziando se l’iniziativa stessa, così come è stata dimensionata, riuscirà a produrre redditività dalla gestione nell’arco di un periodo di riferimento.
Il CE rappresenta, pertanto, la sintesi del ciclo economico dell’impresa senza tenere conto del ciclo finanziario, che è considerato nello sviluppo dei flussi di cassa previsionali.
Lo Stato Patrimoniale (SP) previsionale rappresenta, invece, il patrimonio dell’impresa in un dato periodo temporale.
Attraverso lo SP è possibile individuare quali sono le fonti di capitale e quali sono gli investimenti effettuati nel nuovo progetto d’investimento. Lo stato patrimoniale previsionale si compone di due sezioni:
- attività (impieghi);
- passività (fonti di finanziamento).
Il totale delle attività deve essere sempre uguale al totale delle passività, vale a dire il totale degli impieghi deve essere sempre uguale al totale delle fonti finanziamento.
Il piano dei flussi di cassa (Cash Flow - CF) previsionale riporta le entrate e le uscite monetarie che si prevede deriveranno dalla gestione di un nuovo progetto di investimento.
Il CF evidenzia la capacità o meno dell’iniziativa di sostenere, con le risorse a disposizione, le uscite previste e, quindi, l’esistenza o meno dell’equilibrio monetario in relazione sia alla fase di costruzione che a quella di gestione. Per costruire il piano dei flussi di cassa è necessario, per ciascun periodo temporale di riferimento, prevedere le entrate e le uscite monetarie.
La costruzione del CF permette, quindi, di individuare la disponibilità o il fabbisogno di denaro in cassa alla fine di ciascun periodo temporale di riferimento, affinché si possano predisporre le azioni necessarie per fronteggiare i periodi di maggiore carenza di liquidità.
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Con la locuzione equilibrio economico finanziario deve intendersi il contemporaneo rispetto delle condizioni di convenienza economica e di sostenibilità finanziaria di un’iniziativa. L'equilibrio economico-finanziario sussiste quando i ricavi attesi del progetto sono in grado di coprire i costi operativi e i costi di investimento, di remunerare e rimborsare il capitale di debito e di remunerare il capitale di rischio.
Se l’operazione economica non può da sola conseguire l’equilibrio economico-finanziario, è ammesso un intervento pubblico di sostegno (cfr. domande nn. 96 e 97). -
La convenienza economica di un investimento si riferisce alla capacità del progetto di creare valore nell’arco di durata di una concessione e di generare un livello di redditività per il capitale investito adeguato rispetto alle aspettative dell’investitore privato.
L’analisi della convenienza economica legata ad un investimento può essere impostata facendo riferimento a diverse metodologie di valutazione. Fra queste, le più comunemente utilizzate sono quelle basate sul calcolo di specifici indicatori idonei a fornire un giudizio sintetico sulla capacità dell’investimento di creare valore e generare un’adeguata redditività. In proposito, si intende fare riferimento ai seguenti indici: Valore Attuale Netto (VAN) e Tasso Interno di Rendimento (TIR).
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Il Valore Attuale Netto (VAN) rappresenta la ricchezza incrementale generata dall’investimento, espressa come se fosse immediatamente disponibile nell’istante in cui viene effettuata la valutazione.
Un VAN di progetto pari, o positivamente prossimo, a zero testimonia la capacità del progetto di liberare flussi monetari sufficienti a ripagare l’esborso iniziale e a remunerare i capitali impiegati nell’operazione secondo un congruo tasso di remunerazione.
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Il Tasso Interno di Rendimento (TIR) può essere definito come il tasso di attualizzazione in corrispondenza del quale il risultato economico di un’operazione si annulla (VAN pari a zero).
Il TIR di progetto può essere interpretato come misura di redditività lorda del progetto, ovverosia l’espressione in termini percentuali del rendimento ricavabile dalla realizzazione dell’investimento. Il confronto fra il TIR calcolato sui flussi di cassa del progetto e un tasso soglia che corrisponde al congruo tasso stimato per il costo del capitale investito, coerentemente con quanto esposto a proposito del VAN (cfr. domanda n. 85), costituisce criterio di valutazione per la redditività economica del progetto.
Dal punto di vista economico finanziario, dunque, un criterio per valutare la convenienza economica della realizzazione dell’investimento è la presenza di un rendimento, misurato dal TIR di progetto, prossimo al costo delle fonti necessarie per finanziarlo: sotto tale accezione, la prossimità del TIR di progetto al costo stimato del capitale investito rappresenta un utile termine di confronto per apprezzare la convenienza di intraprendere l’iniziativa per la quale - ex art. 177, co. 5, del Codice - deve essere salvaguardata la “conservazione dell'equilibrio economico-finanziario”.
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La convenienza economica di un’operazione d’investimento può essere valutata anche ponendosi nell’ottica degli azionisti della società di scopo, al fine di apprezzare il livello di redditività da questi conseguito. In tal caso, il TIR e il VAN andranno calcolati sui flussi di cassa di spettanza degli azionisti e il tasso di attualizzazione impiegato esprimerà il solo costo opportunità del capitale di rischio.
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Le principali fonti di finanziamento di un’operazione di PPP sono rappresentate da:
- capitale proprio/rischio (i.e. mezzi propri, equity);
- strumenti ibridi (che combinano elementi tipici del capitale proprio con elementi tipici del capitale di debito);
- capitale di debito;
- contribuzione pubblica.
Le prime tre rappresentano le fonti di finanziamento privato.
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Con l’espressione sostenibilità finanziaria si intende fare riferimento alla capacità del progetto di generare flussi monetari sufficienti a garantire il rimborso dei finanziamenti e un’adeguata redditività per gli azionisti.
La sostenibilità finanziaria di un progetto espressa in termini di bancabilità si riferisce a particolari indicatori capaci di valutare il margine di sicurezza su cui i soggetti finanziatori possono contare per essere garantiti sul puntuale pagamento del servizio del debito.
I principali indicatori di copertura considerati sono: i) Debt Service Cover Ratio (DSCR); ii) Loan Life Cover Ratio (LLCR).
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Il Debt Service Cover Ratio (DSCR) è pari al rapporto, calcolato per ogni dato periodo dell’orizzonte temporale previsto per la durata dei finanziamenti, fra il flusso di cassa operativo generato dal progetto e il servizio del debito.
Un valore del DSCR uguale o superiore all’unità esprime la capacità dell’investimento di liberare risorse sufficienti a coprire tempo per tempo le quote di rimborso del debito - comprensive di quota capitale, quota interessi ed eventuali commissioni - previste dai contratti di finanziamento.
Il DSCR, di norma, dovrebbe indicare un valore minimo compreso, indicativamente, tra 1,2x e 1,6x e dovrebbe essere calcolato a partire dal primo anno di rimborso dell’intera rata di ammortamento. Ciò posto, il valore dell’indicatore considerato ammissibile per lo specifico progetto dovrà essere di volta in volta negoziato in relazione alla rischiosità del progetto medesimo, alle garanzie fornite e alla forza contrattuale delle parti.
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Il Loan Life Cover Ratio (LLCR) è il rapporto tra il valore attuale netto dei flussi di cassa che si hanno nel periodo di vita del finanziamento e il valore attuale del debito. Il LLCR rappresenta il quoziente tra la somma attualizzata al tasso di interesse del debito dei flussi di cassa operativi tra l’istante di valutazione e l’ultimo anno per il quale è previsto il rimborso del debito, incrementata della riserva di cassa per il servizio del debito, e il debito residuo allo stesso istante di valutazione.
Tale indicatore ha un’interpretazione meno immediata rispetto al DSCR; ad ogni buon conto, si può affermare che se il numeratore è superiore al denominatore si determina un coefficiente superiore ad 1, tale da garantire i finanziatori.
Tuttavia, anche per il quoziente LLCR valgono le stesse considerazioni effettuate per il DSCR: i finanziatori richiedono di norma un valore superiore ad 1, quale margine di sicurezza (variabile in relazione alla rischiosità del progetto, alle garanzie fornite e alla forza contrattuale delle parti).
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Il debito massimo sostenibile in una operazione di PF è variabile dipendente della rischiosità e della capacità del progetto analizzato di generare flussi di cassa adeguati a garantire il rimborso del debito e la redditività per l’azionista. In linea di massima, le operazioni in PF presentano una struttura finanziaria in cui il rapporto debito – equity è in media pari a circa 75:25.
Per determinare il massimo debito sostenibile è necessario procedere alla costruzione del piano dei flussi di cassa, in grado di evidenziare la disponibilità o il fabbisogno di denaro in cassa alla fine di ciascun periodo temporale di riferimento.
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Il tasso di interesse sul finanziamento è funzione della condizione dei mercati finanziari, della rischiosità intrinseca del progetto e della sua capacità di generare flussi di cassa. Il tasso d’interesse sul finanziamento bancario è determinato da un tasso “base” a cui occorre sommare un “margine” (detto spread).
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Per lo sviluppo dell’analisi finanziaria deve essere identificata la struttura dei tassi d’interesse idonea a rappresentare il costo-base (tasso-base) dei finanziamenti cui deve essere aggiunto il “margine” richiesto dai finanziatori in funzione del livello di rischio associato al progetto (spread). In linea generale, per l’individuazione del tasso-base si può fare riferimento:
- ai tassi EURIBOR forward impliciti nella curva dei rendimenti per scadenza se al credito concesso viene applicato un tasso variabile;
- all’Interest Rate Swap (per durata pari alla duration del finanziamento) se il tasso applicato è fisso.
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Oltre alle proiezioni economico-patrimoniali, nella redazione del piano economico finanziario si dovrà tenere conto degli aspetti fiscali che ne conseguono, facendo riferimento, principalmente, alle imposte sui redditi e all’imposta sul valore aggiunto (IVA), in quanto possono avere riflessi sull’equilibrio economico-finanziario. Considerando la normativa nazionale, si dovrà tenere conto anche dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), avendo riguardo alle diverse aliquote adottate dalle varie regioni.
Con particolare riferimento all’IVA è opportuno considerare:
- applicazione, sulle operazioni attive, di particolari regimi (split payment, esenzione IVA, ecc.);
- verifica di eventuali condizioni di indetraibilità dell’IVA sugli acquisti che comportano un maggiore costo per l’operatore economico;
- applicazione di eventuali aliquote IVA ridotte, ove consentito dalla normativa vigente.
L’errata applicazione della normativa fiscale può avere riflessi nella corretta determinazione dei flussi di cassa, sia quanto al loro ammontare che quanto alla loro tempistica (saldi, acconti, ecc.) e, di conseguenza, nella corretta individuazione dell’equilibrio economico finanziario.
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Nelle operazioni di PPP l’Ente Concedente può corrispondere all’operatore economico un contributo pubblico a titolo di “intervento pubblico di sostegno” (i.e. prezzo), nelle forme previste dalla vigente normativa (cfr. domanda n. 97), ai soli fini del raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario, ovverosia solo se l’operazione economica non può da sola conseguire il predetto equilibrio.
Tradizionalmente il contributo pubblico, ove previsto, è assegnato a titolo di prezzo dall’ente concedente sotto forma di contribuzione in denaro al concessionario. Tale contributo a titolo di prezzo è di prassi erogato in fase di costruzione e, in tal caso, il medesimo dovrebbe essere versato al concessionario, a Stato Avanzamento Lavori (“SAL”) o a collaudo avvenuto; ciò non esclude la possibile erogazione del contributo pubblico in fase di gestione.
L’art. 177, comma 7, del Codice prevede poi che l’eventuale riconoscimento di un contributo pubblico, in misura superiore alla percentuale indicata nelle decisioni Eurostat e calcolato secondo le modalità ivi previste, non consente la contabilizzazione del PPP fuori dal bilancio.
Occorre ricordare, inoltre, che il finanziamento pubblico nelle operazioni di PPP, nelle diverse forme in cui può intervenire, potrebbe, potenzialmente, essere inquadrato come Aiuto di Stato laddove conferisca un vantaggio indebito al partner privato (cfr. art. 107, p. 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - TFUE, il quale prevede che, salvo deroghe contemplate nel Trattato stesso, “sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”). Tali aiuti possono essere concessi ed erogati solo a seguito della loro notificazione alla Commissione Europea, che ne valuta la compatibilità con le norme del TFUE e la loro incidenza sulla concorrenza del mercato comune (artt. 108 TFUE), fatti salvi i casi derogatori previsti dalla vigente normativa.
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L’intervento pubblico di sostegno può essere erogato dall’ente concedente nelle seguenti forme previste dall’art. 177, comma 6, del Codice:
- contributo finanziario;
- prestazione di garanzie;
- cessione in proprietà di beni immobili o di altri diritti.
ELEMENTI DI CONTABILIZZAZIONE
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Con riferimento alle operazioni di partenariato pubblico privato il Legislatore ha richiamato il rispetto delle decisioni Eurostat chiarendo che le medesime si applicano “ai soli fini di contabilità pubblica” (art. 175, comma 9, e art. 177, comma 7, del Codice).
Ai fini dell’impatto su deficit e debito pubblico si applicano, pertanto, i contenuti delle decisioni Eurostat: Regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea, testo rilevante ai fini del SEE (SEC2010), paragrafo 15.41 e paragrafi da 20.276 a 20.282, “Manual on Government Deficit and Debt (MGDD) lmplementation of ESA 2010 di Eurostat”[1], ed. 2022, paragrafo VI, A Guide to the Statistical Treatment of PPPs (EPEC- BEI, settembre 2016) nonché, con riferimento ai contratti di rendimento energetico (EPC), la Guide to the Statistical Treatment of EPC (Energy Performance Contract EPEC - BEI, May 2018).
Tali regole si applicano a tutte le operazioni di partenariato pubblico privato in cui viene realizzato o ristrutturato un asset con connesse spese di investimento e lo stesso viene remunerato attraverso un canone di disponibilità (asset a canone o a tariffazione sulla Pubblica Amministrazione) o attraverso l’impiego di tariffe applicate all’utenza e regolate dal concedente o da Authority terza (asset a tariffazione sull’utenza). Si osserva che mentre i primi (asset a tariffazione sulla Pubblica Amministrazione) vengono denominati “PPP” nella normazione Eurostat (MGDD, pp. 384 e seg.), quelli a tariffa applicata all’utenza sono denominati “Concessioni” (MGDD, p. 367 e seg.). Il principio di base per la corretta contabilizzazione degli asset è il medesimo.
Si consideri, infine, che il D.Lgs. n. 209/2024 ha modificato l’art. 175, comma 3, e l’art. 192, comma 3, del Codice, prevedendo che, qualora gli enti concedenti richiedenti il parere del NARS intendano discostarsi dal parere reso dal Nucleo, sono tenuti a darne adeguata motivazione, dando conto delle ragioni della decisione e indicando, in particolare, la “modalità di contabilizzazione adottata”.
[1] Il Manual on Government deficit and debt (MGDD) di Eurostat, Manuale di implementazione del Sistema Europeo dei Conti nazionali e regionali (SEC 2010), fornisce una guida interpretativa in merito all’appropriato trattamento dei profili statistici connessi alla finanza pubblica e rappresenta, al contempo, un indispensabile strumento per l’applicazione del citato Regolamento (UE) n. 549/2013. Il paragrafo VI.4 è dedicato al PPP.
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Ai fini della contabilizzazione statistica delle operazioni di PPP e del conseguente impatto su deficit e debito pubblico, si applicano i contenuti delle Decisioni Eurostat (cfr. domanda n. 98).
Ai sensi della richiamata disciplina, le operazioni di PPP possono, sotto certe condizioni, essere deconsolidate dalla porzione di bilancio pubblico – redatto in contabilità finanziaria – riferita agli investimenti.
La normativa Eurostat precisa che debbano essere assolte contemporaneamente diverse condizioni:
- il soggetto privato deve assumere il rischio di costruzione;
- il soggetto privato deve assumere almeno uno dei due seguenti rischi: rischio di disponibilità o rischio di domanda.
Affinché ciò possa avvenire il MGDD, individua quale criterio di riferimento il fatto che la maggioranza (“most of”) dei rischi e dei benefici dell’iniziativa – elemento che qualifica l’economic ownership della stessa – debba ricadere sul soggetto privato.
Il MGDD prevede, dunque, una molteplicità di verifiche da doversi condurre al fine di scongiurare il rischio che, sotto diverse forme, (i) si possa celare una partecipazione al rischio della parte pubblica superiore al dovuto e (ii) rimanga de facto inattuato il citato trasferimento della maggioranza dei rischi in capo all’operatore privato.
In definitiva, per Eurostat occorre accertarsi che - (i) non vengano registrati nello stato patrimoniale delle Pubbliche Amministrazioni i beni (asset) oggetto di tali operazioni, e (ii) non siano conteggiate le uscite e le passività relative ai fini del calcolo del deficit netto e del debito secondo le definizioni del Regolamento Europeo SEC2010 - solo laddove si rilevi un sostanziale (maggioritario) trasferimento del rischio dalla parte pubblica alla parte privata.
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Il principio contabile ITAS-6 “Accordi per servizi in concessione: concedente” disciplina le regole contabili con cui le pubbliche amministrazioni coinvolte nel progetto pilota saranno tenute a contabilizzare gli accordi in discorso in un prossimo futuro.
A partire dal 2026, infatti, è previsto l’avvio di una fase transitoria, al termine della quale verrà compiuto da molteplici PA un cambio di paradigma significativo, passando dalla contabilità finanziaria a quella economico-patrimoniale.
Gli ITAS, infatti, sono standard contabili che, in aderenza all’iter stabilito nel D.L. 9 agosto 2024 n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 7 ottobre 2024, n. 143, sono stati redatti ed approvati allo scopo di fornire alle pubbliche amministrazioni coinvolte nel progetto (amministrazioni centrali, Presidenza del Consiglio dei ministri, agenzie fiscali, Regioni e Province autonome, città metropolitane, comuni con popolazione residente pari o superiore ai 5.000 abitanti ed altre) il set di principi applicativi, corredati da linee guida, con cui redigere i propri conti annuali secondo il principio “Accrual” a partire dal 2025 in versione non giuridicamente rilevante e a partire dal 2026 – inizialmente in regime transitorio, con talune possibili eccezioni – come rendiconto obbligatorio degli enti.
Il principio contabile ITAS-6 stabilisce le modalità di contabilizzazione dei PPP e delle concessioni, riprendendo il contenuto di altri documenti contabili (es. IPSAS 32). Ai sensi del principio, gli asset relativi a PPP e concessioni devono essere contabilizzati nei bilanci degli enti al verificarsi congiuntamente di due condizioni: il controllo dei servizi offerti e il controllo dell’attività materiale a fine concessione.
Quando l’ente concedente ha il controllo dei servizi offerti e il controllo dell’attività materiale a fine concessione (i) è tenuto a iscrivere l’attività nel proprio stato patrimoniale anche se non ancora di proprietà, secondo metodi di valutazione differenziati in base a casistiche ivi tratteggiate, e contestualmente (ii) è tenuto a iscrivere una passività di pari ammontare (ad eccezione di un bene già di proprietà prima della concessione): a seconda se l’accordo preveda canoni a carico dell’ente o tariffazione all’utenza, tale passività è determinata, denominata e tempo per tempo assorbita in modi diversi, descritti dal principio.